Due carabinieri della compagnia di Rho sono stati arrestati con gravi accuse: la vicenda venuta allo scoperto solo oggi.
I fatti risalgono a molto prima dello scandalo Levante, la caserma di Piacenza sequestrata per gli illeciti che avrebbero commesso quattro militari dell’Arma. Nel 2017 due carabinieri avrebbero sottratto undicimila euro dalla casa di uno spacciatore, salvo poi restituirli perché avevano capito di essere stati scoperti.
Una storia incredibile, degna della migliore malavita e non di chi dovrebbe garantire la legalità. Si tratta di due militari della compagnia di Rho, in provincia di Milano. Sono accusati entrambi di appropriazione indebita, falso ideologico, accesso abusivo a sistema informatico, frode in processo penale e depistaggio. Si tratta di un vice brigadiere e di un appuntato che attualmente si trovano agli arresti domiciliari.
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Come riportato dal Corriere della sera, i fatti in questione risalgono al 2017, quando a Stezzano, paese in provincia di Bergamo, i carabinieri della compagnia di Rho riescono a bloccare ed arrestare uno spacciatore. Una volta giunti in casa sua per la perquisizione, gli sequestrano 250 chilogrammi di marijuana e nel verbale non aggiungono altro di anomalo durante la perquisizione appena fatta.
Tralasciarono il particolare degli undicimila euro. La moglie dello spacciatore chiama in caserma avvisando di non trovare più 11.000 euro. I due militari le dicono che è confusa e che non c’era nessuna somma ma vengono traditi da un’intercettazione telefonica tra la donna e il marito che dal carcere la chiama, commentando il presunto furto: “Hai visto che ladri che sono?”, riferendosi ai carabinieri che lo avevano arrestato.
I due capiscono di essere in pericolo e chiedono al Pm di poter tornare a casa dell’arrestato per un nuovo sopralluogo ricevendo un no in risposta: ma non demordono, hanno paura, così raccontano – ed è successo davvero – di aver incontrato la donna per caso offrendosi di aiutarla a cercare gli undicimila euro spariti: ovviamente in casa sono stati ritrovati, i militari glieli avevano restituiti con uno stratagemma.
Ma restava il nodo della telefonata da sciogliere e così uno dei due militari avrebbe modificato parte della trascrizione, rimuovendo le frasi che avrebbero potuto incriminarli.
Contattata dal Corriere, la legale dei due militari, Francesca Lisbona, assicura che “sono accuse fondate solo su deduzioni”.
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