Niente day hospital per chi assume la pillola contraccettiva in Umbria, l’allarme lanciato dalla ginecologa.
Lo scorso 10 giugno, per la Regione Umbria è stata presa una decisione contro la quale, sono ancora molti ad oggi a protestare: nessun day hospital garantito alle donne che assumono la pillola abortiva, Ru486. La ginecologa umbra e membro della associazione, European Society of Contraception and Reproductive Health, Marina Toschi, spiega la gravità della cosa.
Lo scorso 29 settembre, alcune decine di donne si sono radunate nei pressi dell’Ospedale Santa Maria di Misericordia, a Perugia, per un flash mob di protesta. Dopo la decisione presa dalla leghista, Donatella Tesei, è stato reintrodotto il ricovero in ospedale di tre giorni per praticare l’aborto farmacologico, tramite assunzione della pillola abortiva.
“La situazione aborto in Umbria e in molte altre regioni d’Italia non ha fatto nessun progresso nell’ultimo decennio. Siamo stanche di vivere in un paese dove questo tema non viene affrontato dalla Sanità Pubblica in maniera laica”, così parla la dottoressa, Marina Toschi, intervistata da fanpage.it. “Questa disposizione va contro l’aggiornamento delle linee di indirizzo nazionali pubblicato lo scorso 8 agosto dal Ministero della Salute, che prevede la somministrazione della Ru486 in regime di day hospital. Questo aggiornamento ha avuto il parere positivo del Consiglio Superiore di Sanità, che ha assicurato che la procedura non rappresenta un pericolo per la salute della donna. Inoltre, prevede anche che l’interruzione di gravidanza farmacologica possa essere eseguita fino alla nona settimana di gestazione. Sono passati due mesi, ma l’Asl umbra non ha ancora cambiato nulla nelle sue prestazioni”.
Praticamente, come spiega la stessa Toschi, ad oggi non c’è più obbligo per la donna che abortisce tramite pillola, di restare per tre giorni in ospedale. Più che altro, resta: “A livello psicologico, molto doloroso essere da sola in una stanza di ospedale e non a casa propria, vicino ai familiari”. Unica nota positiva, la possibilità di firmare dopo 24 ore, qualora si decidesse di tornare a casa.
Ma è una questione che vede l’Umbria ed altre regioni, in ritardo rispetto ai protocolli europei, cosa non nuova in Italia. La dottoressa spiega: “Le vecchie linee di indirizzo non venivano modificate dal 2010 e consigliavano un’ospedalizzazione di tre giorni e permettevano l’assunzione della Ru486 solo fino alla settima settimana di gestazione. Lasciavano però libertà di scelta alle Regioni sul ricovero: quindi negli ultimi anni alcune regioni italiane si sono discostate dalle linee nazionale e hanno introdotto il day hospital. L’Umbria l’ha permesso solo nel 2018. E ora con la deliberazione della governatrice Tesei siamo ritornati indietro di dieci anni“.
Ed a proposito di ciò che accade in Italia, attualissime le parole di Giorgia Meloni, che tramite Twitter, ha fatto sapere che secondo Fratelli d’Italia, gli italiani ne devono sapere di più sulla prossima proroga dello Stato d’allarme.
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