L’uomo nero che ha ‘catturato’ l’immaginazione e le paure del bambino suicida a Napoli, potrebbe essere un Jonathan Galindo qualsiasi.
Jonathan Galindo è un’invenzione, un personaggio creato da un tecnico del cinema produttore di effetti speciali: aveva inventato la sua maschera perché ricordasse Pippo, l’amico di Topolino, lo aveva fatto per suo gusto personale. Ma i lineamenti della stessa e quei denti spaventosi, hanno creato un mostro sulla falsariga del pagliaccio IT.
Un mostro che poi si è impadronito della rete e su internet ha iniziato a creare giochi pericolosi, sfide contro se stessi per dimostrare il proprio coraggio e la soglia oltre la quale si è capaci di andare. Non si sa bene chi si nasconda dietro la maschera di Jonathan, di sicuro non una sola persona. In tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, esistono decine di Galindo e lo scopo è per tutti lo stesso: adescare giovanissimi e ‘metterli alla prova’.
Ai mostri che si nascondono dietro la maschera non importa se poi succede come al bambino di Napoli di essere talemnte suggestionati da credere che sia tutto vero fino a lanciarsi dal decimo piano per “seguire l’uomo nero”. Chi pagherà ora per la vita di quel bambino che aveva appena 11 anni?
Il profilo sopra esiste davvero ma per fortuna in pochi lo seguono. E’ però la dimostrazione che chiunque possa vestirsi da Galindo e plagiare bambini, anche se pare esista una regìa dietro tutto questo: forse una setta di pedofili sadici che se non può arrivare alle sue vittime, le fa uccidere. Come l’undicenne che si è gettato dal balcone di casa a Napoli, ma tante altre giovanissime vite si sono spezzate per colpa dei challenge su internet: giochi al massacro.
Jonathan Galindo adesca i bambini chiedendo loro l’amicizia sui social e poi li spinge al suicidio. Non esiste, non è una persona reale, ma è il nome di profili social che inviano richieste su Facebook, Instagram o TikTok. Una volta ottenuta l’amicizia, inizia il ‘gioco’ demoniaco. Dagli Usa, Galindo si è spostato in Europa ed è arrivato anche in Italia. Tra le prove inquietanti che ci sono nel gioco che propone, le incisioni sulla pancia con una lama affilata, ma poi molte altre come saltare sulle macchine in corsa, fare i selfie sui burroni. Ma quello di Napoli è un gioco che si è spinto al di là di ogni immaginazione.
Scoprire chi abbia spinto il bambino a uccidersi è una missione: per lui come per altre decine di giovani vite spezzate e milioni di vite da salvare.
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