Il bambino di 11 anni morto dopo essersi gettato dal decimo piano, aveva lasciato alla madre un messaggio terrificante.
Terrificante. Si è gettato dal decimo piano perché glielo aveva detto ‘l’uomo nero’. L’ipotesi di un gioco macabro su internet diventa sempre di più la più attendibile per spiegare il suicidio di un bambino di 11 anni. Si è gettato nel vuoto, ma aveva lasciato un messaggio alla madre: “Devo seguire l’uomo nero col cappuccio”.
Probabilmente è stato vittima di una challenge in rete, un gioco al massacro dove gli utenti sono chiamati da chissà chi a superare prove di coraggio nei modi più disperati. Ma nel caso dell’undicenne, forse, si può pensare anche ad una vera e propria istigazione al suicidio di un fantomatico uomo nero che sceglie le sue vittime in rete tra i giovanissimi più fragili.
Sì, perché non può che essere fragile una mente che segue passo passo ciò che gli dice uno sconosciuto, fino ad arrivare a togliersi la vita. Sarà compito della Polizia postale capire e trovare chi sia tanto crudele quanto bravo nel plagiare ragazzini che magari stanno vivendo momenti difficili della loro vita e sono deboli.
Bimbo suicida a Napoli “devo seguire l’uomo nero”: Momo, Jonathan Galindo, Slender Man
Un ultimo messaggio: l’undicenne suicida a Napoli ha pensato ai genitori prima di compiere l’orribile gesto. Le scuse per il gesto che stava per compiere, l’amore per sempre e l’uomo nero. La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta, si indaga per istigazione al suicidio. Sembra che il bambino conducesse una vita normale: integrato con i compagni di scuola, alcuni amici e buoni voti nella didattica.
Ora sull’identità del famigerato uomo nero stanno lavorando gli investigatori, si indaga soprattutto sulla rete che nasconde spesso giochi mortali. L’ipotesi di una challenge online, infatti, resta al momento tra le più accreditate. I ‘personaggi’ più noti per la loro crudeltà e bruttezza sono Momo, Jonathan Galindo e Slender Man, uomini o donne che in realtà non esistono ma che si nascondono dietro falsi profili.
Non si limitano a spaventare il malcapitato di turno dopo avere richiesto l’amicizia ma talvolta il plagio raggiunge epiloghi drammatici.