Elezioni regionali: ecco alla fine chi festeggia e chi dovrà restare a pensare a cosa è andato storto nelle Regioni d’Italia
Elezioni regionali: chi ride e chi invece, piange. Come sempre, quando si avvicina la sfida elettorale, ogni partito mette in campo tutte le proprie energie (e promesse), ma alla fine, il vincitore è solo uno.
E Zingaretti, non ha solo “riso”, ma ha proprio festeggiato. Il segretario del Pd ed il Governatore della Regione Lazio, dopo i risultati è sceso in strada insieme ai propri collaboratori, per sbollire un po’ la tensione, scegliendo una birra in via Crispi per un brindisi.
Ma logicamente, se le regioni sono ventuno, non sarà stato soltanto Nicola Zingaretti ad esultare, ce ne sono tanti che possono tirare un sospiro di sollievo, mentre altri, proprio non potranno.
Elezioni regionali: male Salvini, Di Maio gongola
Ceccardi delude Salvini, o forse ha deluso la Toscana, ed ora le hanno chiesto di farsi da parte. Persino nella sua città, Pisa, è stata superata dal nuovo Governatore della Regione, Eugenio Giani. La vittoria di quest’ultimo non è risultata schiacciante, ma basta a mettere il Pd al comando.
Bene De Luca in Campania, il Governatore non si sposta di un millimetro e resta fermo sulla sua poltrona. Una vittoria quasi annunciata, ma ora anche lui potrà esultare. Così come Francesco Acquaroli che invece non era annunciato da vincente nelle Marche e che ha stupito tutti.
L’altra coppia di festeggianti, è quella formata da Zaia e Toti. Per Luca Zaia infatti, tirate le elezioni che alla fine, lo hanno riportato ad essere il Presidente del Veneto, lui promette da subito: “La mia non sarà ordinaria amministrazione”.
Lo stesso dicasi per Giovanni Toti, che può dirsi più che soddisfatto, di come sia diventato il Governatore della Regione Liguria: con un significativo 56,13%, che rimanda a casa il centrodestra.
Ed infine, ride ed ha molti motivi per farlo, anche Di Maio. Non c’entra niente con le regionali, penserete, ma ieri c’era anche il referendum a cui i 5 Stelle tenevano tanto.
Il Sì, ha battuto con un signficativo 69,64% il No, rimasto fermo al 30,36%. Ed anche in questa storia c’è chi piange: i parlamentari che dovranno tornare a casa, perché il Sì significa “taglio”. Da 945, 630 deputati e 315 senatori, diverranno a breve 600: (400 alla Camera, 200 al Senato).