Il professor Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano e medico personale di Berlusconi, ammette implicitamente che molte vite in più si potevano salvare.
Non lo dice esplicitamente, non può farlo per la carica che ricopre, ma a leggere bene tra le righe di ciò che ha dichiarato Zangrillo, si gela il sangue. Perché se è vero, come lui ammette, che per esempio il suo paziente Silvio Berlusconi, con la stessa carica virale di oggi, a marzo sarebbe morto, allora vuol dire che in quei mesi molti pazienti sono stati lasciati morire perché gli ospedali erano impreparati alla pandemia. Senza se e senza ma.
Vuol dire che con l’esperienza che hanno accumulato ospedali e medici, oggi, la maggior parte dei decessi potevano essere evitati: perché se guarisce Berlusconi, può guarire chiunque. “La carica virale del tampone nasofaringeo di Berlusconi era talmente elevata che a marzo-aprile, sicuramente non avrebbe avuto l’esito che fortunatamente ha ora – ha detto Alberto Zangrillo […] Lo avrebbe ucciso? Assolutamente sì, molto probabilmente sì, e lui lo sa […] E non è una boutade per esagerare visto il personaggio di cui si parla, ma è un cercare di rimanere aderenti alla realtà”.
“Diciamo che Briatore e Berlusconi sono in situazioni più che soddisfacenti, stanno bene, per loro credo che l’epilogo di questa malattia sia vicino”, ha aggiunto.
Il primario del San Raffaele spiega poi come si è potuto intervenire nel migliore dei modi su Silvio Berlusconi quando si è scoperta la sua positività al Covid. Facciamo attenzione. “La cosa fondamentale dell’intervento su Berlusconi non è stata tanto la terapia seguita una volta entrato in ospedale, ma è stato capire che doveva andare in ospedale e che doveva andarci in quella fase. Dieci ore dopo poteva essere troppo tardi, perché lui è un paziente a rischio per i motivi che si sanno”.
Appunto, quanti pazienti a rischio si potevano salvare con un tempismo diverso da quello adottato nei mesi della pandemia? Sicuramente moltissimi, ma l’Italia e il mondo non erano pronti ad una tale virulenza. Difficile crederci, ma nel ventunesimo secolo, un virus può ancora uccidere senza che ci si possa difendere. Ma solo quando a regnare è il caos.
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