Evade ancora una volta uno dei banditi più sanguinari della Roma anni ’70 e ’80. Giuseppe Mastini era in permesso premio ma non è rientrato in carcere.
Le cose incomprensibili della giustizia italiana. Il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, sarà duramente attaccato dopo questo episodio, anche se l’ordinamento penitenziario e il codice penale, non li ha scritti lui. Giuseppe Mastini, alias Johnny lo Zingaro, era già evaso nel 2017, eppure si trovava lo stesso in permesso premio. Un ergastolano.
Mastini era stato il terrore della Roma anni ’70 e ’80. Aveva solo 11 anni quando ha iniziato a uccidere. Tra gli altri reati, era stato anche coinvolto nell’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Ma la scia di sangue lasciati da Jonny lo Zingaro, chiamato così per le sue origini nomadi, parla soprattutto dell’omicidio della guardia giurata, Michele Giraldi, e il ferimento di un brigadiere dei carabinieri, Bruno Nolfi. Sequestrè anche Silvia Leonardi.
Nonostante questo curriculum e altre evasioni – la prima nel 1987 – l’ergastolano è riuscito di nuovo a farla franca, grazie all’aiutino della giustizia italiana.
Le sue specialità erano rapine, furti, aggressioni, ma anche sequestri e un omicidio con annesso tentato omicidio. Per questo è un ergastolano. Evase dal carcere già nel 1987 ma fu ripreso. Poi ebbe un permesso premio il 30 giugno 2017: era nel carcere di Fasano, in provincia di Cuneo.
Fu ripreso e dal luglio 2017 fu trasferito nel carcere di massima sicurezza di Sassari. Qui evidentemente si è comportato talmente bene da meritare una nuova opportunità: un altro permesso premio. Dal quale non è rientrato e ora le forze dell’ordine sono alla sua caccia con centinaia di militari impegnati nelle ricerche.
Niccolò D’Angelo, ex questore ed ex capo della Squadra Mobile di Roma ricorda bene chi è Giuseppe Mastini: fu lui ad arrestarlo: «L’ho arrestato io, me lo ricordo bene quel giorno – ha detto D’Angelo – Era un criminale serio, apparteneva a una famiglia nomade di giostrai, lo abbiamo arrestato con la mia Sesta Sezione a Fiano Romano, dopo che aveva commesso un omicidio, sequestrato una ragazza (che liberammo) […]
“Un soggetto decisamente pericoloso – continua il questore – anche perché precedentemente aveva ammazzato un nostro agente. Lo prendemmo dopo che lui scappò nelle campagne e ingaggiò un conflitto a fuoco. Lo disarmammo».
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