Al Festival di Venezia c’è anche l’infermiera simbolo del coronavirus

Alessia Bonari era diventata simbolo del coronavirus per una foto in cui mostrava i segni sulla pelle delle mascherine: premiata a Venezia.

alessia bonari, foto getty

Era diventata famosa per la foto che la ritraeva con il viso segnato dalle protezioni che era costretta a indossare per molte ore durante l’emergenza coronavirus. Ma anche per i suoi appelli accorati nei quali chiedeva la massima attenzione a tutti per non ammalarsi.

Alessia Bonari ha vissuto la grande emozione di calpestare il red carpet del Festival del cinema di Venezia. Una gioia che mai avrebbe neppure sognato, prima del dramma della pandemia. L’infermiera è stata anche premiata per il suo senso del dovere, ha vinto il Premio Diva e Donna, voluto da Tiziana Rocca.

«Grazie Venezia, ma soprattutto grazie alla mia Italia» – è il messaggio di ringraziamento che ha voluto mandare Alessia dal suo profilo Instagram.

Al Festival di Venezia c’è anche l’infermiera simbolo del coronavirus: il post drammatico dei giorni della pandemia

alessia bonari , foto getty

Alessia Bonari salì agli onori della cronaca quando sul suo profilo Instagram scrisse un post drammatico e sincero in piena emergenza coronavirus: quando ogni giorno morivano centinaia di persone e nessuno poteva farci nulla, a partire dalle infermiere come lei.

“Sono un’infermiera – scriveva – e in questo momento mi trovo ad affrontare questa emergenza sanitaria. Ho paura anche io, ma non di andare a fare la spesa, ho paura di andare a lavoro. Ho paura perché la mascherina potrebbe non aderire bene al viso, o potrei essermi toccata accidentalmente con i guanti sporchi, o magari le lenti non mi coprono nel tutto gli occhi e qualcosa potrebbe essere passato”.

Alessia mostrava i segni profondi sul viso delle protezioni di sicurezza che era costretta ad indossare da mattina a sera, senza interruzioni. “Quello che chiedo a chiunque stia leggendo questo post – continuava la Bonari – è di non vanificare lo sforzo che stiamo facendo, di essere altruisti, di stare in casa e così proteggere chi è più fragile […]

Noi giovani non siamo immuni al coronavirus, anche noi ci possiamo ammalare, o peggio ancora possiamo far ammalare. Non mi posso permettere il lusso di tornarmene a casa mia in quarantena, devo andare a lavoro e fare la mia parte. Voi fate la vostra, ve lo chiedo per favore”.

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