Coronavirus, il governo sapeva: “aiuti in Cina e morti in Italia, traditori e bugiardi”

Le rivelazioni di Repubblica potrebbero diventare una ‘bomba’ che mette a rischio il governo, sia politicamente che penalmente.

Se le rivelazioni del quotidiano Repubblica – che oltretutto sono semplicemente la lettura di documenti finora segreti – fossero provate, per il governo, Conte e Speranza in primis, si aprirebbe uno scenario drammatico. E non solo politicamente ma anche penalmente, perchè qui si tratta di migliaia di vite umane che si potevano salvare.

Se solo gli ospedali fossero stati pronti a contenere la pandemia, come oggi per capirci: i contagi ci sono e sono tanti ma poche terapie intensive e pochissimi decessi, segno che la sanità si è attrezzata, non che il virus si è indebolito.

Il 12 febbraio, ovvero due settimane prima dei focolai di Codogno e Vo’ Euganeo che avevano fatto iniziare l’emergenza con le zone rosse, il governo sapeva già tutto.

Il Comitato tecnico scientifico aveva letto quei documenti che delineavano uno scenario drammatico in Italia, al pari di Wuhan, in Cina. Il Cts aveva preso in esame uno studio realizzato da un ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, Stefano Merler. Lo studioso senza tanti giri di parole aveva annunciato che l’Italia non era pronta ad affrontare un’emergenza simile.

Coronavirus, il governo sapeva tutto: gli aiuti alla Cina

Secondo il dossier dello studioso, poi letti dal governo, i casi di contagio in Italia sarebbero stati circa un milione, forse due. Di questi, i casi più gravi che richiedono cure, oscillano fra 200 e 400mila.

C’era bisogno – il 12 febbrario – di letti in terapia intensiva fra 60 e 120mila. Ne mancavano almeno diecimila. Lo studioso, insomma, non aveva sbagliato nulla. Eppure. Eppure il premier Conte e il ministro della Salute, Speranza, hanno attuato le prime misure solo un mese dopo. Quante vite potevano essere salvate nel frattempo?

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