La disperazione per i debiti accumulati durante il lockdown e la paura di una seconda chiusura, hanno spinto un uomo al gesto estremo.
Ha lottato fino a quando ha potuto, fino a quando la sua mente ha retto. Aveva dovuto affrontare il lockdown con la preoccupazione dei debiti da pagare, le bollette, i dipendenti, un mutuo. Sembrava avercela fatta ma poi l’aumento dei contagi, gli allarmi, la paura di una seconda chiusura, gli hanno dato il colpo finale.
Il suo ristorante si trova nell’elegante Piazza Santa Coce, a Firenze. Ed è proprio lì, a due passi dalla basilica, che l’uomo si è tolto la vita. Non ha lasciato il posto di lavoro fino all’ultimo.
Ma ha lasciato una moglie e due figlie che ora lo piangono. Aveva soli 44 anni. Il ristorante lo aveva acquistato poco prima del lockdown: il sogno di una vita. Un sogno spezzato poi dal coronavirus e, in parte, dagli aiuti non proprio solleciti che lo Stato è riuscito a dargli.
Non ha sopportato il peso dei debiti, della sconfitta, della resa. Ma si è arreso comunque, e nel modo più tragico. Doveva pagare un mutuo importante, sospeso solo per i mesi di chiusura. «Ed è per questo che si è ammazzato. Era depresso, preoccupato, non sapeva più che cosa fare», dicono oggi familiari e amici.
L’intera città di Firenze è rimasta sorpresa e allibita di fronte al gesto del ristoratore, che era molto conosciuto, soprattutto in centro. Il sindaco Dario Nardella scrive sui social: “sono addolorato per la scomparsa dell’imprenditore, che a 44 anni si è tolto la vita. Ora più che mai dobbiamo essere uniti, solidali e vicini ai lavoratori e agli imprenditori.
È il momento del silenzio. Alla famiglia, ai colleghi e agli amici va il cordoglio mio e di tutta Firenze».
“Una sconfitta per tutti” la morte dell’imprenditore, secondo il presidente della Confcommercio fiorentina e della Fipe Toscana, Aldo Cursano. «Una sconfitta per tutti, nessuno escluso e per la nostra categoria, che evidentemente non è riuscita a fare abbastanza per essere davvero vicina agli imprenditori del settore in questo momento di difficoltà».
Cursano aggiunge: «Abbiamo lottato in tutte le sedi opportune perché venisse riconosciuta la gravità della situazione economica, perché venissero approvate varie forme di sostegno che tutelassero le imprese e l’occupazione, sottolineando sempre il grande valore di un comparto che oltre ad esprimere numeri in termini di fatturato, posti di lavoro, imprese, è anche emblema della tradizione tutta italiana dell’accoglienza.
Ma il nostro impegno non è bastato a salvare la vita del collega fiorentino»
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