Una lettera spedita al Corriere della Sera, racconta il dramma di una ragazza che ha contagiato il padre dopo una serata in discoteca.
Oggi Martina vive con l’incubo che suo padre non riesca a farcela. Paura mista a rimorso, tanto rimorso. Perché se avesse dato retta alla sua decisione, condivisa con gli amici, di non andare più in discoteche e luoghi chiusi fino a quando il coronavirus se ne fosse andato per sempre, a quest’ora non dovrebbe aspettare con terrore una telefonata dall’ospedale in cui è ricoverato il papà.
Un giorno la promessa che si era fatta è stata disattesa, complice il compleanno di un amico. E così Martina, come racconta in una lettera al Corriere della Sera, ha iniziato il viaggio del terrore e non ne conosce il finale. Il padre è intubato e sta lottando tra la vita e la morte.
«Io e i miei amici avevamo deciso di non andare in discoteche e posti chiusi per evitare i contagi – conferma la giovane – però quel sabato era il compleanno del mio più caro amico, come facevamo a non festeggiare fino a tardi? Decidemmo che per una sera non sarebbe successo niente”.
E invece è bastata quella sera per cambiare il destino suo, del padre e anche del resto della sua famiglia.
Una sola sera in discoteca: “ho infettato papà, rischia di morire, non riesco più a mangiare”
Martina è una giovane studentessa universitaria che studia a Madrid, ha trascorso come tanti l’estate tra spiaggia, palestre e serate con gli amici. Fino al giorno maledetto. «Andai dal dottore e mi disse che non sembravano sintomi da Covid – racconta la ragazza – quindi continuai a fare la mia vita normale, andavo a mangiare al ristorante con papà, giocavo a carte con i nonni e ci mettevamo a guardare la tv tutti insieme sul divano.
Una vita normale, come se il coronavirus non potesse entrare in quella casa. E invece: “la settimana dopo annunciarono che proprio nella discoteca dov’ero andata c’era stata una persona positiva, e tamponarono tutte le persone che erano state lì quella sera.
Il risultato del mio tampone: positivo. Fecero il test a tutti i miei familiari. Solo la mamma fu negativa. Positivi i nonni, mia cugina di 12 anni, e papà. Il nonno è finito in ospedale e ora è stato dimesso e si sta riprendendo. Io, mia cugina e la nonna non abbiamo avuto problemi e dopo quattro settimane chiusi in casa siamo tornati negativi».
E’stato il papà a pagare il prezzo più alto. «Siccome stavo bene lui mi diceva che tanto non era il virus, che non aveva voglia di starmi lontano: “Dai, Marti, che poi ritorni a Madrid e non ci vediamo per tanto tempo”.
E anch’io pensavo così, e gli ho dato abbracci e baci… voglio tanto bene a papà. Ora è da due settimane in terapia intensiva, intubato. Sta lottando con tutte le sue forze, e io non posso vederlo, non posso aiutarlo, non posso ritornare indietro. Non me lo potrò mai perdonare».
Un rimorso che non la abbandonerà fino all’auspicato lieto fine della brutta avventura.
«Ormai non ho più fame – scrive Martina – ma devo sforzarmi di mangiare sennò la mamma sta male. Non riesco più a fare niente, nemmeno alzarmi dal letto al mattino, però lo faccio, per la mamma e per la nonna. Spero almeno che la mia storia possa essere utile ai miei coetanei».
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