L’autopsia ha confermato che il piccolo E. è morto per trauma cranico in seguito alle botte prese dal convivente della madre.
21 mesi di vita, 11 di botte. Così titolavamo l’indomani della fine di E, il piccolo morto per le botte ricevute dal patrigno. E l’autopsia eseguita sul suo corpicino ha confermato la morte per trauma cranico in seguito alle percosse subìte.
Il bambino di 21 mesi originario di Rosolini, nel Siracusano, è morto lunedì nell’ospedale di Modica, nel Ragusano. Il bambino presentava lividi ed ematomi sul corpo e dopo la sua morte sono stati arrestati sia il compagno della madre, Salvatore Blanco, 30 anni, che la stessa donna, Letizia Spatola, 23 anni.
Secondo quanto emerge dall’esame effettuato sul cadavere del bambino, è stato un trauma cranico a uccidere il piccolo E. E’ stato in pratica confermato l’esito della prima ispezione sul cadavere del bambino le cui lesioni erano riconducibili, secondo la Procura di Siracusa e la polizia di Modica, a un’aggressione. Fonti mediche hanno detto che al bambino mancava persino un pezzo d’orecchio, come se fosse stato strappato a morsi.
L’autopsia è stata eseguita nella camera mortuaria del nosocomio e ora il medico ha 60 giorni di tempo per consegnare la sua relazione e dare indicazioni sulle cause del decesso.
Le botte al piccolo erano conosciute da tutti ma nessuno ha mosso un dito: parenti, padre, amici, assistenti sociali. La tragedia dell’ignoranza, dell’omertà, del menefreghismo. Una tragedia ampiamente annunciata ma che nessuno ha voluto evitare.
Ora il papà naturale vomita la sua rabbia in un’intervista a La Stampa, ma come ha potuto fare solo denunce quando sapeva cosa capitava al figlio, invece di partire e raggiungere il piccolo per salvargli la vita?
“Lo hanno ammazzato, non sono riuscito a difenderlo perché ero lontano per lavoro, ma pagheranno tutto”. Non si dà pace, lungo il viaggio chye lo riporta a Modica (Ragusa), Stefano Lo Piccolo, il padre di E. “Li avevo denunciati, ma nessuno li ha fermati”, continua il genitore, affidando tutto il suo dolore a La Stampa.
“Sto andando a vedere come hanno ridotto mio figlio, sono confuso e non ho voglia di parlare con nessuno”, continua il papà di E. E mentre è in viaggio per partecipare al funerale del suo bimbo, ricorda il tentativo fatto per salvarlo, ma da mille chilometri di distanza.
“Dalle foto che mi mandava mia madre, avevo capito che E. non stava bene, quei segni sul faccino erano troppo evidenti. Mi chiedo come abbiano fatto gli altri a non notarli. Perché la famiglia della mia ex compagna non ha fatto niente per fermare quell’orrore? Perché i servizi sociali sono rimasti fermi?”, si domanda.
“Eravamo seguiti dai servizi sociali, – aggiunge nell’intervista pubblicata dal quotidiano torinese. – Mia madre vedendo quei lividi aveva chiesto più volte agli assistenti di andare a dare un’occhiata. Inutilmente. Io non ci ho mai creduto che E. fosse caduto, ma non potevo fare nulla perché mi impedivano perfino di parlare con mio figlio”.
“Il nuovo compagno della ex mi ha minacciato più volte di morte su whatsapp perché non avevo ancora tolto la residenza dalla casa. Se penso che mentre mi scriveva quelle cose picchiava un bimbo di nemmeno due anni mi sale la rabbia. Ma non finirà così, pagheranno tutto”, conclude.
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