Ru486. “Le donne dovrebbero sapere meglio a cosa vanno incontro, non obbligarle al ricovero è solo una scelta economica”.
Il ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee guida sull’aborto farmacologico: annullato l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del percorso assistenziale.
Altra novità: si allunga il periodo in cui si può ricorrere al farmaco e si passa alla nona settimana di gravidanza. Le nuove linee guida raccomandano anche “di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l’utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito il trattamento in questione”.
In soldoni: io non ti obbligo a ricoverarti ma stai attenta alle controindicazioni. Il farmaco era stato approvato dall’Aifa nel 2009, ma l’impiego era limitato al regime di ricovero per i tre giorni necessari, anche se molte regioni con ordinanze proprie permettevano invece il day hospital.
La decisione della governatrice dell’Umbria Donatella Tesei di annullare la delibera della precedente amministrazione che permetteva il day hospital ha portato il ministro della Salute Roberto Speranza a chiedere in fretta e furia un parere al Consiglio Superiore di Sanità, che ha quindi rimosso il vincolo. Le regioni non possono più decidere cosa è meglio fare: ci pensa il governo.
Rsu486, nuove linee guida: “Le donne dovrebbero sapere meglio a cosa vanno incontro”
L’obbligo di ricovero dopo l’assunzione della pillola abortiva era stato chiesto per le complicanze che potrebbero nascere in seguito all’assunzione della Ru486.Sul piede di guerra i ‘pro life’ e da più parti è stato detto che si tratta di un percorso che inganna le donne.
La storia di Catia pubblicata sul quotidiano cattolico Avvenire, purtroppo lo conferma. “Non sono stata preparata – ha spiegato la donna – Forse il mio mestiere ha giocato a sfavore: la collega ginecologa ha dato per scontato che sapessi a cosa andavo incontro […] Spero che alle donne sia spiegato meglio, ma ne dubito».
Due anni fa Catia si è trovata di fronte ad una scelta drammatica: una gravidanza inattesa con un compagno non stabile che rifiutava categoricamente un figlio, o l’altra via.
La ginecologa che le ha prescritto la Ru486 le aveva consigliato di rifiutare il ricovero ospedaliero perché «il dolore sarà poco più intenso di un normale ciclo mestruale».
Non è stato così. Prima dell’aborto farmacologico aveva avuto una figlia da un matrimonio precedente e, purtroppo, anche un aborto spontaneo, alla decima settimana. E quindi è in grado di fare un confronto: «È stato molto più simile al dolore del travaglio. Dicono due giorni ma io sono stata male dieci – ha detto Catia.
E sono un medico, mi sono spaventata fino a un certo punto, anche perché potevo controllare le mie condizioni […] Ho perso due punti di emoglobina. Senza considerare le possibili complicanze».
Ha dovuto affrontare tutto da sola: l’aborto, e anche quel che ne è seguito, gli attacchi di panico, la depressione. E oggi Catia ha deciso di parlare, dopo l’annuncio del ministro sulle nuove linee guida: «Credo che dietro ci siano ragioni economiche”.
“Un ricovero allo Stato costa centinaia di euro al giorno – continua la donna. Nel mio campo interventi più semplici, come l’artroscopia, sono stati progressivamente passati in regime di day hospital […] Ma per l’artroscopia ha un senso, per un aborto no. L’economia è più importante della persona: abbiamo visto con Covid- 19 quanti danni ha fatto questa logica […] Prima di decidere bisognerebbe calarsi nel dolore delle donne».
Le nuove linee guida, basate sull’evidenza scientifica, prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana.
È un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà. pic.twitter.com/0OkNq8Vbnj— Roberto Speranza (@robersperanza) August 8, 2020
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