Deputati con bonus 600 euro: “ho un mutuo, faccio la spesa e mantengo mia figlia”. Anita Pirovano, si autodenuncia con un post su Facebook.
“Sono cresciuta con una sorella gemella, abituandomi da subito a ragionare al plurale, a usare molto più spesso il pronome noi piuttosto che l’io perchè “due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato” (E. De Luca).
“La sinistra che mi piace è una sinistra utile e coraggiosa che non rinuncia alle sfide, soprattutto a quelle tanto difficili quanto ambiziose” […]
Sono parole di Anita Pirovano, amante delle teorie di Nicky Vendola, consigliera comunale a Milano. E’ la prima politica ad autodenunciarsi dopo che è scoppiata la ‘bomba’ del bonus da 600 euro riservato alle partite iva in difficoltà per il Covid ma chiesti e incassati anche dai politici.
E non solo dai cinque deputati che tanto clamore hanno fatto, ma anche da almeno duemila tra consiglieri, sindaci e governatori.
Il consigliere comunale non ha un fisso mensile, ma un gettone di presenza di 120 euro lordi a seduta d’aula o di commissione, con un tetto di 25 gettoni al mese, e niente ad agosto quando il Consiglio è fermo.
Al massimo gli eletti arrivano a 2000 euro netti al mese. Ma per accumulare gettoni (e dunque soldi) in Comune funziona il meccanismo già ribattezzato «gettonificio»: si moltiplicano sedute di commissioni spesso inutili.
“Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei […] Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e, addirittura, ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza”.
Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano per la lista ‘Milano progressista’ si autodenuncia in anticipo con un post su Facebook.
“Pur non cedendo alle sirene antipolitiche – scrive Pirovano su Fb – ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere ‘più libera’ nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto […] Come tanti, prosegue, mi indigno, perché è surreale, se un parlamentare in carica fruisce ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito”.
“Ho studiato – continua la Pirovano nella sua autodenuncia – fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere ‘più utile’ alla società che in Consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace)”.
“Dalle prime indagini sarebbe emerso che i cinque di Montecitorio sarebbero tre deputati della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e uno di Italia Viva. Inoltre, nella vicenda sarebbero coinvolti addirittura duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci.
Apprendo dunque da Repubblica online che sarei coinvolta (!) nello scandalo dei “furbetti del bonus” e mi autodenuncio.
Non vivo di politica perché non voglio e non potrei.
Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e – addirittura – ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “più utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace).
Infine e soprattutto pur non cedendo alle sirene antipolitiche ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto.
Come tanti mi indigno – perché è surreale – se un parlamentare in carica fruisce ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito.
Tutto ciò premesso qualcuno – magari anche più lucido e meno incazzato di me – mi spiega perché da lavoratrice (e la politica non è un lavoro per definizione) non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori destinata perché faccio anche politica?
Considerato ovviamente che pur lavorando tanto ed essendo componente di un’assemblea elettiva (il che non mi garantisce nè un’indennità nè banalmente i contributi inps) ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più.
Mi arrabbio ancor più se penso che nel calderone dei 2.000 probabilmente sarà stato tirato in causa anche qualche sindaco (accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca) di un piccolissimo comune con una grandissima responsabilità pubblica e un’indennità di poche centinaia di euro annue”.
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