La strage di Bologna, il 2 agosto 1980: una storia ancora da scrivere, i complottisti la chiamano ancora una ‘strage di Stato’, come tante altre.
E’ così doloroso scrivere di una strage che spezzò la vita a 85 tra uomini, donne e bambini, di cui la metà non aveva neppure 30 anni. Doloroso e difficile, perchè, come per tutte le grandi stragi italiane, non è semplice trovare un vero colpevole nonostante la giustizia abbia condannato più persone, che per lo più si sono sempre proclamate innocenti nonostante abbiano passato molti anni in carcere.
I complottisti le chiamano ‘stragi di Stato’: ecco perchè non conosceremo mai la verità. Vengono in mente Ustica, Borsellino e Falcone, tanto per citare le più recenti, e anche in quei casi ci sono nomi ‘regalati’ ai media e all’opinione pubblica ma non ci sono verità assolute.
Depistaggi, capri espiatori, storie che non stanno nè in cielo nè in terra come l’ipotesi di Cossiga, allora premier: disse che a Bologna, alle 10,25, a scoppiare fu una bomba del terrorismo islamico esplosa per sbaglio in mano all’attentatore!
Le stragi degli anni ’60 e ’70 (piazza Fontana, piazza della Loggia ed altre), avevano una precisa connotazione politica: i comunisti duri e puri, gli anarchici rivoluzionari, le Brigate rosse. Allora le rivendicazioni erano più credibili, anche se resterà sempre presente quell’alone di P2 e di ‘stragi di Stato’.
I morti a Bologna furono 85. Erano giovani molte delle vittime, ed erano giovani gli assassini condannati. Tra i morti, Angela Fresu stava per compiere 3 anni, sua madre Maria ne aveva festeggiati 24 a febbraio.
Sonia Burri aveva 7 anni, sua sorella Patrizia 18; venivano da Bari. Roberto Gaiola, vicentino, era uno studente di 14 anni come il tedesco Eckhard Mader (il fratello Kai ne aveva 8). Antonella Ceci, diciannovenne di Rimini, era fidanzata con Leoluca Marino, operaio, 24 anni, siciliano come le sorelle Domenica e Angelina, 26 e 23 anni.
Il 1980 fu la ripresa della lotta politica attraverso le bombe dopo sei anni d’interruzione, pieni di attentati di altra natura, come dicevamo: il terrorismo, soprattutto di sinistra, praticato dalle Brigate rosse e gruppi affini che fra il 1974 e il 1980, ha mietuto oltre cento vittime «selezionate» tra nemici politici o simboli da abbattere.
La più illustre: Aldo Moro, sequestrato il 16 marzo 1978 dopo lo sterminio dei cinque agenti di scorta, e ucciso 55 giorni più tardi, il 9 maggio. Lo statista stava lavorando a uno scenario che per la prima volta vedeva la Democrazia cristiana e il partito comunista sostenere lo stesso governo, e la sua morte determinò una naturale deviazione della politica italiana.
Per la tragedia di Bologna, restano da chiarire i legami dei colpevoli accertati col resto dell’eversione nera e con i presunti mandanti, apparentemente molto distanti dal mondo dei Nar. E poi i collegamenti mai accertati con la strage di Ustica, il Dc9 precipitato con 81 persone a bordo il 27 giugno 1980 o con il terrorismo medio-orientale, di cui sono state trovate tracce seguite solo in parte e infine archiviate dagli inquirenti bolognesi.
Fioravanti e Mambro si sono sempre dichiarati innocenti. Nell’andamento altalenante dei verdetti (condanne in primo grado, assoluzioni in appello, annullamento della Cassazione, nuove condanne nell’appello-bis e conferma in Cassazione) si sono persi per strada nomi noti dell’eversione nera della generazione precedente, già coinvolti nelle indagini sulle stragi precedenti.
La strage di Bologna è una storia ancora da scrivere. Se l’ultima ricostruzione degli inquirenti venisse confermata, saremmo di fronte a una banda di ragazzi e ragazzini protagonisti della contrapposizione politica violenta dell’epoca (rossi contri neri, a suon assalti, ferimenti e omicidi) utilizzati come pedine: marionette mosse da burattinai che ricorrevano alle bombe per impaurire il Paese e tenerlo sotto pressione.
I ragazzi di oggi fanno fatica a capire cosa successe quel maledetto 2 agosto 1980. E fanno fatica a spiegarlo anche i padri e le madri di chi quel giorno vide la sua vita spezzata. Senza un perchè, senza un ‘vero’ colpevole.
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