Morte di Elena Aubry: tre dipendenti comunali accusati di omicidio stradale, altri tre sono privati. “Ci voleva il morto per rifare la strada: mia figlia”.
Cambia l’accusa: da omicidio colposo a omicidio stradale. Ma non cambia solo l’entità della condanna che potrebbe essere inflitta agli accusati: cambia proprio la sostanza di tutto.
Di fatto viene confermata la colpa di chi ha lasciato in degrado per anni una strada di Roma che poi ha causato la tragica fine di Elena Aubry. Oggi quel tratto di Via Ostiense è stato rifatto: come dice amareggiata Graziella Viviano – madre della giovane studentessa di Roma che perse la vita il 7 maggio 2018 – ci voleva la tragedia.
La ragazza perse il controllo della sua moto che andò a schiantarsi sul guardrail, all’altezza di Cineland Ostia. In un tratto di strada con asfalto completamente sconnesso. Tutti arrivarono alla stessa conclusione. Sia il consulente della Procura che i due testimoni chiave dell’incidente. È stata colpa della strada che allora, sempre sotto l’amministrazione 5Stelle, andava risistemata.
In Australia per le strade asfalto nuovo ci vogliono 2 giorni. A Roma ci vogliono anni e poi non durano.
Si sono chiuse le indagini sulla morte di Elena Aubry ed è un caso giudiziario che potrebbe fare scuola. L’accusa nei confronti di sei persone è quella di omicidio stradale, e non più di omicidio colposo come inizialmente formulato, per la mancata manutenzione del piano stradale.
La colpa dell’incidente, secondo i periti, sarebbe degli avvallamenti e delle radici che hanno sformato l’asfalto rendendolo una trappola, e qualcuno avrebbe dovuto garantire che invece la strada fosse sicura.
Le persone indagate sono sei. Si tratta di tre dipendenti del SIMU, il Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana del comune di Roma, e tre privati. Sono loro i responsabili, secondo la pm Laura Condemi titolare delle indagini, di quanto accaduto.
È la prima volta che l’accusa di omicidio stradale viene formulata contro dipendenti pubblici per la mancata manutenzione stradale e dell’impresa che avrebbe dovuto garantirla. Ecco perchè potrebbe fare giurisprudenza.
La morte di Elena ha spinto la mamma, Graziella Viviano, a battersi per la sicurezza stradale non solo per avere giustizia per la morte della figlia, ma per tutte le vittime della strada, intraprendendo campagne e battaglie.
Graziella ha cominciato disegnando di giallo le buche pericolose ed è finita a essere ascoltata nei palazzi delle istituzioni, denunciando instancabilmente giorno e notte le condizioni delle strade della capitale che hanno provocato, ora anche secondo la procura, la morte della sua unica figlia con quella passione per le due ruote che gli è stata fatale.
«Spero che dal processo emerga quanto dovrebbe essere ovvio da sempre: le strade vanno curate, altrimenti motociclisti e automobilisti muoiono». così ha parlato Graziella Viviano.
Tempo fa disse: “Con tutto il cuore chiedo a Virginia Raggi di mettersi al nostro fianco. Perché non fa lei quello che stiamo facendo noi? Un politico che si affianca ai cittadini fa solo la cosa migliore che dovrebbe fare un politico. Non lo voglio solo io ma tutti i romani”.
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