Paolo Borsellino sapeva che sarebbe morto, lo sapeva fin dall’inizio ma non ha mai mollato la sua lotta, 28 anni fa la Strage di Strage di Via d’Amelio.
Era il 1992, uno degli anni più bui della storia della Repubblica Italiana, nello stesso anno, a pochi mesi l’uno dall’altro, persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il 23 maggio, intorno alle ore 18, Giuseppe Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della loro scorta, Antonio Montinari, Rocco Di Civillo e Vito Schisano, persero la vita nella Strage di Capaci.
Esattamente due mesi dopo, il 19 luglio, l’amico, collega e compagno di battaglia, Paolo Borsellino, cadeva con i cinque agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, era la strage di Via D’Amelio.
La firma in calce, in entrambi le stragi, è quella della mafia, l’organizzazione criminale che con coraggio, impegno, dedizione e spirito di sacrificio, Falcone e Borsellino cercavano di sgominare.
Antonino Vullo, l’unico sopravvissuto alla strage di Via D’Amelio, dopo essersi risvegliato da un lungo coma ha potuto raccontare i momenti che hanno preceduto la morte di Poalo Borsellino e degli uomini della sua scorta.
“Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno” ha raccontato Vullo, vivo per miracolo dall’attentato: “Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto.”
Dopo un pranzo con la moglie i figli, Borsellino e la sua scorta si erano recati a casa della madre del magistrato e della sorella Rita. Erano le 16:58 quando il magistrato passò al fianco di una Fiat 126 che detonò al suo passaggio.
Venti giorni prima dell’attentato, racconta Antonio Caponetto, Borsellino aveva chiesto alla questura la rimozione dei veicoli sotto l’abitazione della madre, richiesta rimasta inevasa.
Paolo Borsellino e i suoi uomini sono morti in nome della giustizia, della legalità e della lotta alla mafia, tuttavia se oggi guardiamo con ammirazione al loro coraggio, ai tempi, nonostante Palermo registrasse ben 1000 morti al giorno, il trattamento era ben diverso.
Nella Palermo del 1984, infatti, in pieno regime di Cosa Nostra i giudici che combattono la mafia sono scortati con una sola auto fino al tribunale e solo nelle ore diurne. La desegregazione dei file dell’antimafia ha fatto venire alla luce le parole di Paolo Borsellino: “Auto blindate solo la mattina, così di sera possiamo morire.”
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