28 anni dopo la strage di via D’Amelio, ricorre oggi l’anniversario della morte di Paolo Borsellino: cosa fanno oggi i figli Manfredi, Fiammetta e Lucia
Sono trascorsi 28 anni dalla terribile strage di via D’Amelio, oggi ricorre l’anniversario della morte di Paolo Borsellino, il magistrato italiano, vittima di Cosa nostra infime ai cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L’Italia intera si stringe accanto al dolore di tutti coloro che amano e hanno amato il dottor Borsellino, i familiari e i figli Manfredi, Fiammetta e Lucia, che tengono alto il ricordo e la memoria del padre, ucciso perché impegnato a lottare e contrastare la mafia.
Il 19 luglio del 1982, il magistrato si recò preso l’abitazione di via D’Amelio dove vivevano la madre e la sorella Rita, dopo aver pranzato in compagnia della moglie Agnese e dei suoi figli.
Alle ore 16:58, una Fiat 126, parcheggiata sotto la casa della mamma del dottor Borsellino, colma di tritolo, esplose uccidendo quest’ultimo e gli agenti della scorta, eccezion fatta per l’agente Vullo, impegnato in quel momento a parcheggiare una delle auto della scorta.
Sono trascorsi dunque 28 anni dalla strage di Via D’Amelio e dalla morte del magistrato impegnato nella lotta alla mafia, Paolo Borsellino, ucciso dopo il suo collega anch’egli vittima di Cosa Nostra Giovanni Falcone, scomparso nella strage di Capaci il 23 maggio del 1992.
Al tempo della strage di Via D’Amelio, il figlio del magistrato Borsellino, Manfredi, studiava giurisprudenza e manifestava la medesima passione del padre per la giustizia.
Dopo esser entrato in polizia, oggi quest’ultimo è tornato a Palermo dove aveva già prestato servizio alla Postale e ai commissariati Oreto e Zisa, e nelle specifico dirige l’ufficio di Polizia di Mondello.
Particolarmente toccante e commovente, la lettera riletta anche da Pierfrancesco Favino in tv nel 2019, in occasione del 27esimo anniversario della strage di Via d’Amelio.
“Ho iniziato – spiega in una parte della suddetta lettera – a piangere la morte di mio padre con lui accanto mentre vegliavamo la salma di Falcone nella camera ardente allestita all’interno del Palazzo di Giustizia. Non potrò mai dimenticare che quel giorno piangevo la scomparsa di un collega e amico fraterno di mio padre ma in realtà è come se con largo anticipo stessi già piangendo la sua.”
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