Ultimo saluto per i gemelli Elena e Diego, uccisi dal padre prima che anche lui si togliesse la vita. Lacrime e commozione e le parole della mamma Daniela.
“Voglio provare a dare un senso a questa vita….che un senso non ce l’ha…”. Non è un caso che sia stata la canzone di Vasco Rossi ad accompagnare i funerali di Elena e Diego, i gemelli di 12 anni uccisi dal padre che poi si è tolto la vita.
Perchè un’omicidio simile non ce l’ha un senso: solo amarezza, e forse la consapevolezza che qualcosa si poteva fare per evitare un dramma simile. Forse anche la moglie Daniela avrebbe potuto trovare segni di squilibrio nella mente di Mario Bressi.
O forse no, ma se è vero, come dimostrano i risultati fin qui ottenuti dalle indagini, che l’omicio suicidio era stato premeditato, probabilmente ai più qualche particolare importante era sfuggito.
È il giorno dell’ultimo addio a Elena e Diego, i gemelli uccisi dal padre Mario Bressi in Valsassina. I feretri bianchi hanno attraversato il campo sportivo di Gessate (Milano) accompagnati dalle parole di “Un Senso” di Vasco Rossi, e da un lungo applauso.
Nessun fiore sulle piccole bare ma una maglia azzurra da calcio su quella del piccolo Diego.
«Ciao nanetti – ha scritto in una lettera la mamma, Daniela – non riesco ancora a realizzare che non potrò più vedervi, abbracciarvi, sentire la vostra voce che chiama ‘mammà.
La lettera è stata letta alla fine della funzione da un’amica di famiglia.
“Vi abbraccio e vi dico che andrà tutto bene, nonostante il male che vi è stato inferto. Sono stata fortunata ad essere la vostra mamma» e «chiedo a tutti di ricordarvi sorridendo non nelle lacrime, avrebbero preferito così”.
Anche la professoressa dei due bambini ha voluto riservare un pensiero per loro: «Un’insegnante spera sempre di spalancare le porte verso il futuro dei suoi ragazzi e mai immagina di proseguire il cammino senza di loro.
Non ci sarà giorno in cui entrando in classe non cercherò la mano alzata di Diego, la prima ad alzarsi per una domanda» e «gli occhi buoni di Elena, sempre sorridente, con il cuore grande: era l’alunna di cui ti puoi fidare».
.«Non ho una goccia di conforto per la vostra mamma – conclude la prof – la scuola, la vita non sarà come prima, mi mancherete, la vostra prof».
«Per voi ci sarò sempre: chiamatemi ancora ‘proffy’ con la y finale se no mi offendo, vi abbraccio e vi voglio bene – ha detto un altro insegnante dei ragazzi -. Ho un immenso bisogno delle vostre domande, mi avete dato entusiasmo anche nella surreale distanza dei pc».
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