La scoperta di una mamma e il dramma di una bambina di appena 9 anni violenta da un ‘nonno’ amico di famiglia. Il mostro è stato condannato.
Una vicenda drammatica che rischia di lasciare il segno per molto tempo sulla psiche di una bambina di appena 9 anni, costretta a subire le violenze sessuali di un uomo che tutti credevano amico di famiglia.
Una cicatrice sul corpo e nell’anima che è venuta fuori grazie alla scoperta di una madre. La piccola aveva grosse macchie di sangue sulle mutandine. Poi la confessione della bambina, le indagini e l’arresto per il mostro pedofilo.
Il mostro era il vicino di casa, 66 anni, del quale i genitori si fidavano ciecamente, tanto da affidargli la custodia dei figli quando si presentavano impegni che li costringevano ad assentarsi da casa.
Per la piccola era come un nonno. O almeno questo credevano i familiari della piccola de La Spezia. Come riporta il Secolo XIX, l’uomo è stato ieri condannato a cinque anni di reclusione perché ritenuto responsabile del reato di violenza sessuale su minore.
L’orco, che non ha precedenti, rischiava fino a 9 anni per la continuazione del reato. Il giudice lo ha condannato anche ad un anno di misure di sicurezza: divieto di avvicinarsi a luoghi frequentati da minori e l’obbligo di informare gli organi di polizia su spostamenti e cambi di residenza.
Dovrà inoltre riconoscere alla famiglia della bimba una somma provvisionale immediatamente esecutiva di 30 mila euro, oltre alle spese legali.
Macchie di sangue sulla bambina di 9 anni, l’incubo è finito
L’incubo è terminato quando la mamma della piccola ha notato grandi macchie di sangue sulle sue mutandine.
Le violenze sarebbero state commesse tra l’estate 2018 e il febbraio del 2019 nella loro casa in Val di Magra. Era lì che “il nonno” le palpava i genitali, fino a causarle la fuoriuscita di sangue.
Ci sono voluti prelievi biologici dagli indumenti della giovanissima vittima, confrontati nell’indagine della genetista forense Marina Baldi, un incidente probatorio e la perizia psicologica, per arrivare alla sentenza di ieri.
In particolare la comparazione delle tracce di sangue e saliva ha escluso la possibilità che potesse esserci una responsabilità del padre della piccola.
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