Bertinotti, il ‘compagno’ con Andy Warhol e dittatore in salotto

A 79 anni, ha abbandonato la politica per fare il nonno a tempo pieno. Vive in una casa piena di libri e di quadri d’autore (i tre Warhol sono veri): “Penso che il termine “sinistra” andrebbe sospeso per un po’».

“Penso che il termine “sinistra” andrebbe sospeso per un po’». Non pensiamo sia un’ammissione di colpa, perchè fino a prova contraria essere benestanti non dovrebbe essere una colpa.

Ma è certo che per uno come lui che da comunista convinto si è sempre battuto per l’uguaglianza, per la difesa dei lavoratori e contro le differenze economiche e sociali, mostrare al Corriere il frutto dei suoi investimenti del passato, è uno schiaffo morale a tutte quelle persone che, fazzoletto rosso al collo, lo seguivano e servivano pranzi e cene gratuitamente alle Feste de l’Unità.

Tutto per una giusta causa: il partito, le idee, il comunismo. Parlare di ricchezza in questi giorni diventa imbarazzante, soprattutto dopo che gli ex parlamentari sono riusciti ad ottenere il ripristino dei loro vitalizi.

Senza dimenticare che c’è un’Italia che è stata messa in ginocchio dal coronavirus, e fatica a rialzarsi senza aiuti del governo come cassa integrazione e prestiti bancari.

E poi c’è la questione razzismo, con la gente che imbratta le statue di colonialisti o dittatori: Bertinotti mette in bella mostra i quadri di Mao, che di morti ne ha fatti 46 milioni, tutta gente che aveva solo il torto di credere nella libertà e di non pensarla come lui.

Bertinotti e la sua ricchezza: altro che spiccioli per i vitalizi

Oggi i suoi colleghi ex parlamentari fanno la figura dei “pezzenti”, litigando per quattro spicci di vitalizio, il Subcomandante dimostra, con la sua collezione personale di Andy Warhol, di aver saputo investire bene i soldi della pensione parlamentare.

Dai “comunisti col Rolex” ai “comunisti con la Pop Art”. L’opera che espone Bertinotti in salotto è una edizione di Andy Wharol che appartiene a un portfolio risalente al 1972 pubblicato da Leo Castelli, che è uno dei più grandi galleristi del Novecento.

È quello di Keith Haring, di Basquiat, di Wharol, appunto. Un’edizione di 250 copie dello stesso portfolio di dieci poster che riproducono la figura di Mao Zedong in vari colori. Nella foto della casa Bertinotti se ne vedono tre.

A queste 250 si aggiungono 50 prove d’artista e quattro prove stampatore, lo Styra Studio di New York. Il record d’asta appartiene all’edizione uno di cinquanta (dei pezzi della prova d’artista) e ha battuto due milioni e mezzo di dollari nel 2012.

Il 22 maggio da Sotheby’s, Londra. E apparteneva alla collezione privata di Gunter Sachs, marito di Brigitte Bardot per tre anni, dal 1966 al 1969, fotografo, astrologo, morto suicida.

Dieci poster di Mao vengono venduti al prezzo di 2,5 milioni di dollari. I pezzi sono tutti firmati da Andy Warhol, come si vede anche dalla foto dello studio di Bertinotti e come spiega la didascalia del Corriere che, pubblicando l’immagine, ci ha tenuto a precisare si tratti di “pezzi originali”.

Ma quanto vale l’opera di Bertinotti? Interpellando un mercante d’arte, la risposta è: tra il milione e il milione e mezzo di dollari. Ovviamente ci sono una serie di variabili: lo stato di conservazione, anzitutto.

«Ho fatto tanti errori. Penso che il termine “sinistra” andrebbe sospeso per un po’»

Con buona pace dei fazzoletti rossi al collo.

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