La moglie di Zanardi è vicina al campione, ricoverato a Siena dopo l’incidente di venerdì. Il figlio Niccolò, 22 anni, si è chiuso in una stanza dell’hotel vicino all’ospedale.
L’atleta ha subito «una situazione importante dal punto di vista del danno cerebrale» anche se i parametri neurologici non sono ancora valutabili ma l’impatto alla velocità di 50 chilometri orari con il camion gli ha causato anche un trauma facciale, un fracasso facciale. Per questo è stato operato d’urgenza.
Che cosa è il fracasso facciale? In medicina si parla di fracasso facciale quando la maggior parte delle ossa del volto, fronte, naso, orbita, zigomo, mascellare superiore, mandibola subiscono un trauma talmente violento da provocare una loro frattura.
Si tratta del quadro più grave di frattura del volto e spesso le fratture si presentano multiple e instabili e i frammenti ossei possono muoversi e deformare il viso. Lo scopo del primo intervento chirurgico è quello di “ricomporre le fratture”. Per fissare le ossa di solito si usano placche e viti interne.
Giuseppe Olivieri, primario di neurochirurgia dell’ospedale delle Scotte di Siena ha spiegato: «Zanardi è arrivato con un trauma cranico facciale importante, aveva due ossa frontali fratturate con affondamento delle stesse più quello che chiamiamo “fracasso facciale”, cioé tutte le ossa della faccia rotte».
Le condizioni di Alex sono sempre molto gravi ma stabili
I medici non nascondono a Daniela, la moglie, che hanno paura per l’aspetto neurologico. Se tutto andrà bene, la prossima settimana si potrà verificare se Alex potrà cominciare, con il tempo che occorre, a costruirsi una terza vita.
Il timore di cui nessuno vuole parlare è che possa toccargli una sorte come quella di Michael Schumacher, a cui Alex ha pensato tantissimo, quasi tormentandosi per non poter fare nulla per lui.
Ieri pomeriggio Anna, la mamma, la più fragile di questa saldissima catena, lei che ha perso anche il marito, lei che ha perso una figlia bambina in un incidente stradale, è tornata a Bologna, dove attende il momento di poter parlare con suo figlio.
Niccolò è chiuso nel suo dolore in una camera d’albergo a qualche centinaio di metri dall’ospedale. Come quasi vent’anni fa è Daniela a sorvegliare che il marito «riesca nell’impresa». «Non lo lascio, non lo lascio solo».
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