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Cronaca

“Caro Covid, ti sei preso nonno ma ho capito che niente è per caso”

Il tema di una studentessa di terza media della Fondazione Grossman di Milano. Parole dure e commoventi rivolte al Covid.

Un esercizio di scrittura in terza media diventa una lettera al Covid. La lettura di un racconto di Giovanni Guareschi, intitolato Signora Germania, così come richiesto dai suoi insegnanti, ha aperto a Paola un mondo fino ad allora sconosciuto. Prima del Covid.

Ed ecco perchè scrive: “ho capito che niente è per caso”. Il coronavirus le ha portato via il nonno e gli zii, ma gli ha donato una consapevolezza diversa della vita.

Paola Banfi è una studentessa di terza media della Fondazione Grossman di Milano che ha scritto un tema sulla sua esperienza di libertà e di conoscenza durante il periodo del lockdown.

Esperienza spesso dolorosa, la perdita a causa della morte di due zii e del nonno. “Signor Covid, tu mi hai costretta a stare in casa, a non poter più giocare a pallavolo, a non poter più andare a scuola e ridere e scherzare con i miei amici. Ma questo non ti bastava, ti sei preso anche mio nonno. E mia zia e mio zio”, scrive la ragazza.

Ma Paola ricorda al Covid, che nonostante i dolori, non ha vinto lui. “Sembra che tu mi abbia fatto del male, sembra che io abbia passato tre mesi di tristezza, di prigionia, trascorrendo le giornate a piangermi addosso e a mangiare. Ma ti assicuro che non è così, non mi hai presa”.

Quella di Paola è stata una profonda analisi su quanto la pandemia abbia influito anche e forse soprattutto sulla vita dei più piccoli. Lontani da scuola e costretti a casa per settimane, allontanati dal proprio ambiente fatto di sicurezze. Anche loro hanno subito delle perdite, spesso più di una, ed elaborare il lutto non è mai semplice.

“Caro Covid” Il tema di Paola

Signor Covid, tu mi hai costretta a stare in casa, a non poter più giocare a pallavolo, a non poter più andare a scuola e ridere e scherzare con i miei amici. Ma questo non ti bastava, ti sei preso anche mio nonno. E mia zia e mio zio.

Sembra che tu mi abbia fatto del male, sembra che io abbia passato tre mesi di tristezza, di prigionia, trascorrendo le giornate a piangermi addosso e a mangiare. Ma ti assicuro che non è così, non mi hai presa.

Signor Covid, tu non mi hai presa, non mi hai messo in prigione, anzi sono stata libera, mi hai fatto conoscere lati di me stessa che non conoscevo e mi hai fatto capire che la vera prigionia era il modo in cui vivevo prima: quando andavamo a scuola mi sentivo perennemente in competizione con qualcuno, dovevo sempre mostrare il lato migliore di me, vestirmi di marca, mettere maschere per farmi accettare…

Mentre ora sono me stessa, mi sono conosciuta. Ho capito che se non mi piace quello che vedo devo cambiare modo di guardarlo. Ho capito che senza essere me stessa non potevo essere felice, ho capito che il mondo è pieno di persone che mi accettano per come sono, ma altrettante che non mi sopportano e va bene così, perché non devo piacere a tutti.

Signor Covid, non solo mi hai fatto capire questo ma mi hai anche fatto appassionare alla letteratura.

La scrittura mi ha accompagnato in tutti questi mesi: scrivevo spesso, quando stavo male, quando ero felice o arrabbiata. Scrivevo quando volevo, ma soprattutto quando ne avevo bisogno. La scrittura mi ha fatto compagnia, potevo scrivere di tutto e mi sentivo libera nello sfogarmi, nel raccontare le mie giornate in una nota sul mio cellulare. Ormai ho le note piene di pensieri, lettere senza destinatario, sfoghi e gioie, insomma nella scrittura ormai c’è la mia vita.

Mi ha fatto compagnia quando la mattina guardando il cielo vedevo la faccia di mio nonno, ma al posto di sorridere piangevo, perché mi mancava, e allora improvvisavo lettere e poesie indirizzate a lui.

Fonte foto: (Getty Images)

La domanda che mi sono posta a questo punto è stata: perché questa passione per la scrittura è venuta fuori solo ora, se ce l’ho sotto il naso da anni? A questa domanda ho risposto tante volte che, forse, mi sono appassionata alla scrittura perché ne ho capito il senso a lezione.

Ho capito che i libri che leggevamo in classe non erano lettere messe a caso da persone che un giorno si sono svegliate e hanno detto: “Dai oggi scrivo l’Odissea!”. No, non è così, ho capito che dietro queste parole c’erano i pensieri, la vita, gli attimi, le circostanze che qualcuno teneva a raccontarci. Ho capito che nemmeno una storia per bambini è scritta per caso.

Alla fine ho capito che niente è per caso.

Mi è venuta questa passione perché leggendo i libri era come se vivessi la vita del protagonista o dello scrittore del libro. Insomma, vivevo una vita diversa dalla mia, da cui però potevo trarre qualcosa, potevo portarmi a casa una storia. E da qui, capendo il senso della letteratura, mi è venuta la passione per la scrittura e la lettura e anche se non leggo ancora molto, ho fatto molti passi avanti rispetto al passato.

Quindi Signor Covid ti ringrazio, perché stando in quarantena mi sono accorta che, come abbiamo letto molte volte in classe, si può essere liberi anche se apparentemente sembra di non esserlo”.

Paola Banfi (III A – Scuola Secondaria di I grado)

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Rinaldo Ricci
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Rinaldo Ricci

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