Elena Ceste scomparve di casa il 24 gennaio 2014 dalla villetta dove abitava con il marito e quattro figli. Una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso tutta Italia.
Uno dei casi che ha tenuto con il fiato sospeso tutta l’Italia. La scomparsa di una donna apparentemente felice e il suo ritrovamento nei campi. L’ambiguità del marito e la dolcezza della figlia.
Elena Ceste era nata il 25 ottobre 1977. Oggi avrebbe 42 anni.
Il 24 gennaio 2014 Michele Buoninconti dà l’allarme: la moglie Elena Ceste è scomparsa dalla loro villetta in località San Pancrazio a Motta a Costigliole d’Asti. Secondo il marito la allora 37enne si sarebbe allontanata da casa in preda a una sorta di delirio, nuda, senza documenti né cellulare.
Ai carabinieri di Asti, Michele, vigile del fuoco, racconta che il giorno precedente la moglie gli aveva mostrato il cellulare con alcuni sms inviati da un uomo. Messaggi inequivocabili. Era pentita di quella trasgressione e voleva confessare tutto al marito.
Nel frattempo nelle campagne di Costigliole i colleghi di Michele e le forze dell’ordine perlustrano ogni angolo in cerca di tracce della donna. Se era nuda, come il marito racconta, non può essere andata lontano con zero gradi e nebbia fitta.
Ma della giovane mamma non ci sono notizie, di lei restano solo gli indumenti che si sarebbe tolta prima di quella fuga: un maglione, un paio di pantaloni, le ciabatte, le calze e l’intimo.
Tutto il corredo viene consegnato ai carabinieri, ma sui sedili dell’auto del pompiere viene trovato un altro paio di slip lavati da poco appartenenti a Elena. Le indagini proseguono vanno mentre Buoninconti, a casa, fa le veci di Elena con i quattro figli piccoli.
Elena Ceste e la sua scomparsa: in paese i concittadini della coppia sono quasi tutti convinti che nella misteriosa scomparsa della casalinga c’entri qualcosa il marito. Il suo comportamento non convince neanche gli inquirenti che hanno riempito la villetta di San Pancranzio con cimici e messo sotto controllo il suo cellulare.
Dall’ascolto dei momenti privati dell’uomo emergono dettagli inquietanti. Dopo la scomparsa della moglie, Michele ha iniziato uno scambio di messaggi con una donna che poi si è allontanata dopo averlo conosciuto meglio, poi una seconda donna.
A Teresa, che vive in Calabria, Michele parla di una possibile vita futura insieme dicendosi convinto che lei sia quella giusta per “sostituire” Elena.
Gli esami sugli indumenti della 37enne danno risultati importanti: sulla trama delle calze della donna e sui pantaloni che indossava il 23 gennaio 2014, vengono trovate tracce di fanghiglia.
Il materiale viene messo a confronto con un campione prelevato dal Rio Mersa, un canale a pochi chilometri da casa Buoninconti, e risulta compatibile. La presenza delle gocce si spiega presumendo che Elena sia stata trasportata da qualcuno fino al fiume e che costui abbia inavvertitamente sporcato gli abiti tornando a bordo dell’auto.
I sospetti cadono immediatamente sul vigile del fuoco. L’uomo aveva dichiarato di aver avuto sempre con sé il cellulare della moglie dal momento della scomparsa, ma quella mattina il telefonino di Elena ha agganciato due celle: una vicina allo scolo del fiume e l’altra che serve la zona dove si trova la villetta di Elena.
La conclusione della Procura di Asti è che Michele abbia ucciso la moglie, ne abbia trasportato il corpo in auto fino allo scolo del fiume e, durante il tragitto, abbia fatto squillare due volte il cellulare.
L’uomo voleva recuperare il telefonino e per questo lo aveva fatto squillare, accorgendosi dunque che si trovava nelle tasche dei vestiti di Elena sui sedili della sua auto.
Il 6 novembre 2014, il corpo della giovane madre viene ritrovato, in avanzato stato di decomposizione, nello scolo del Rio Mersa, nelle campagne astigiane. Il 29 gennaio 2015 per Michele Buoninconti si aprono le porte del carcere. L’accusa è quella di omicidio premeditato e occultamento di cadavere.
Elena Ceste: l’autopsia.
L’autopsia sul corpo di Elena evidenzia segni di strangolamento. Nell’ipotesi dell’accusa la donna sarebbe stata uccisa nel letto coniugale dopo che era appena uscita dalla doccia e prima che si fosse rimessa i vestiti.
L’assassino avrebbe poi preso i vestiti che Elena aveva preparato, compreso il ricambio di biancheria pulita (il secondo paio di slip bianchi trovati nell’auto dell’indagato, ndr.) avrebbe caricato in auto il corpo e lo avrebbe scaricato nello scolo del Mersa.
Tali operazioni sarebbero avvenute la mattina del 24 gennaio, poco prima delle 9, quando Michele era rientrato a casa dopo aver accompagnato i figli a scuola. Lì avrebbe ingaggiato un violento litigio con la moglie, poi degenerato in omicidio.
Non era un mistero che l’uomo fosse oppressivo con la moglie e i figli ed Elena aveva cominciato a sottrarsi al “ruolo di moglie e madre sottomessa che il marito le aveva imposto”, intrecciando rapporti con altri uomini.
Il marito era a conoscenza di alcuni messaggi ricevuti dalla donna dal papà di un compagno di scuola di suo figlio. Eppure, per il gip di Asti Giacomo Marson che ha emesso l’ordinanza di arresto a carico di Buoninconti, il movente non è la gelosia.
“La perdita di controllo sulla moglie – si legge nel documento del Gip – la preoccupazione che potesse emergere all’esterno un modello diverso da quello conosciuto e la presa di coscienza che con il suo tradimento Elena aveva messo in discussione tale modello hanno innescato uno stato di profondo risentimento nell’indagato”.
Il giudice si avvale del parere di psicologi e psichiatri che sottolineano come l’uomo non fosse legato affettivamente alla moglie e pertanto non fosse ferito dal tradimento, bensì preoccupato che il suo mondo potesse sgretolarsi. Se la moglie lo avesse lasciato, Michele avrebbe perso la famiglia, la casa intestata ad Elena, i risparmi, la reputazione.
Sempre secondo le ipotesi della Procura, dopo aver ucciso la moglie, Buoninconti avrebbe messo in scena diversi tentativi di depistaggio. Il vigile si contraddice più volte nel raccontare come avesse – a suo dire – ritrovato in terra gli abiti della moglie che se li sarebbe tolti per poi fuggire via nuda.
Scoraggia i colleghi dal cercare la donna nelle campagne dove poi verrà cercato il corpo, mentre ai suoi figli, intima di non dire nulla dei litigi violenti con la loro mamma. “Vi portano via anche me se lo dite – lo sentono dire durante un’intercettazione – come già vi hanno portato via vostra madre”.
Il processo di primo grado per l’omicidio dei Elena Ceste inizia il primo luglio 2014 in Corte d’Assise ad Asti. A novembre 2015 si conclude con la condanna dell’imputato a 30 anni dopo un rito abbreviato, confermata in via definitiva nel maggio 2018 dalla Corte di Cassazione. Secondo i giudici Buoninconti ha “premeditatamente ucciso la moglie”, come si legge nelle motivazioni della sentenza.
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