Le nuove stime Istat parlano di una nuova depressione per gli italiani nel post lockdown. Meno occupati che non cercano un nuovo lavoro.
Potremmo chiamarla nuova depressione. Nata dai postumi del lockdown forzato e dalla perdita del lavoro. Non può che essere un disagio psicologico, perchè nessuno ci crede alla storiella che gli italiani non abbiano più voglia di cercarsi un lavoro.
Gli italiani sono semplicemente stanchi. E abbandonati al loro destino da un governo che ha speso ‘cifre poderose’ che in moltissimi, troppi, non hanno mai visto se non nelle briciole dei 600 euro.
Sono i numeri a parlare, e sono numeri impietosi: le nuove stime Istat su aprile, infatti, danno una prima idea delle conseguenze del lockdown nel nostro Paese: quasi 275mila occupati in meno – 400mila in meno in due mesi – e 746mila persone in più che non hanno un posto e non lo cercano.
Il forte calo della disoccupazione (il tasso scende al 6,3% dall’8% di marzo) è ovviamente solo uno specchietto per le allodole perché, come spiega Il Fatto Quotdiano, sono censiti come disoccupati coloro che stanno cercando attivamente lavoro e con l’economia ferma la maggior parte delle persone ha rinunciato, andando a gonfiare il numero degli inattivi.
L’occupazione, secondo l’Istat, “ha registrato una diminuzione di quasi 300mila unità, che ha portato nei due mesi a un calo complessivo di 400mila occupati e di un punto percentuale nel tasso di occupazione”.
Il calo coinvolge donne (-1,5%, pari a -143mila), uomini (-1,0%, pari a -131mila), dipendenti (-1,1% pari a -205mila), indipendenti (-1,3% pari a -69mila) e tutte le classi d’età, portando il tasso di occupazione al 57,9% (-0,7 punti percentuali). Nell’ultimo anno, tra aprile 2019 e aprile 2020, si conta quasi mezzo milione di posti in meno.
Una riduzione che ha colpito “i dipendenti temporanei (-480mila), gli autonomi (-192mila) e tutte le classi d’età, con le uniche eccezioni degli over50 e dei dipendenti permanenti (+175mila)”.
Nel confronto anche i disoccupati, “calano in misura consistente” (-41,9%, pari a 1 milione 112mila unità), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+11,1%, pari a +1 milione 462mila).
In soldoni: gli italiani non solo non hanno un lavoro, ma sono così disperati in questo momento da non provare neanche più a cercarlo. E in tutto questo le risposte del governo non sembrano arrivare.
La Fipe (Federazione Italiana pubblici esercizi), nel corso dell’audizione parlamentare, qualche giorno fa, ha evidenziato la differenza dal 2019: “Prima della pandemia da Covid-19, la sola ristorazione contava 330.000 imprese, con 90 miliardi di euro di fatturato e 1,2 milioni di addetti, costituendo il settore che ha contribuito maggiormente alla tenuta e alla crescita dell’occupazione nel corso degli ultimi dieci anni.
Un settore che rappresenta un terzo del valore aggiunto dell’intera filiera agroalimentare nazionale, con 46 miliardi di valore aggiunto su un totale di 125 e con oltre 20 miliardi di euro di materie prime agricole acquistate ogni anno”.
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