Si è concluso il processo in primo grado al Tribunale di Prato a carico della donna, operatrice socio-sanitaria, accusata di atti sessuali e violenza sessuale nei confronti di un minore.
Sperava di evitare il carcere, ma la sentenza di primo grado le spalanca le porte della prigione. Si dovrà ora attendere l’appello, quindi per il momento la donna resta in custodia cautelare ai domiciliari.
Sei anni e mezzo di reclusione: si è concluso con questa condanna, emessa dal giudice Daniela Migliorati, il processo in primo grado al Tribunale di Prato a carico della donna 32enne pratese, operatrice socio-sanitaria, accusata di atti sessuali e violenza sessuale nei confronti di un minorenne.
Il giovane molestato oggi ha 16 anni, all’epoca dei fatti ne aveva 13: la donna gli dava ripetizioni private e da lui ha avuto un figlio circa due anni fa.
Per l’operatrice, i pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli avevano chiesto una pena di 7 anni. Con la donna è stato processato anche il marito che è stato condannato a un anno e mezzo di reclusione: è accusato di falsa attestazione poiché in un primo momento, per difendere la moglie, aveva affermato di essere lui il padre del bambino.
Ma il piccolo era stato concepito con il minore, che all’epoca dei fatti contestati, secondo gli inquirenti, non aveva ancora compiuto 14 anni. Per il marito, il pubblici ministeri avevano chiesto una pena di 2 anni.
Durante il processo, la difesa della donna, l’avvocato Mattia Alfano, aveva chiesto l’assoluzione per tutti i capi di imputazione. Ora il legale attende le motivazioni della sentenza e poi preparerà l’appello.
Durante l’incidente probatorio, il 15enne aveva raccontato che il primo incontro con la donna è avvenuto quando aveva 13 anni e frequentava la terza media: si preparava per gli esami finali.
La donna andava a casa sua per dargli ripetizioni di inglese. Il giorno del primo approccio sessuale da parte della trentenne, il ragazzino aveva il mal di testa e per questo avrebbe chiesto di interrompere la lezione.
Dopo aver salutato la donna. il 13enne andò in camera sua per riposarsi. Poco dopo però la donna, che forse aveva solo finto di lasciare la casa, entrò nella camera.
Da quel primo incontro sessuale (da qui l’accusa di violenza su minore), ne seguirono altri, per circa un anno e mezzo. Il marito, per un paio di settimane il marito si era separato momentaneamente dalla moglie portando con sè il primogenito di 11 anni.
L’indagine, condotta dalla squadra mobile di Prato e coordinata dai pm Gestri e Boscagli, era stata avviata nel marzo del 2019 in seguito alla denuncia presentata dai genitori del ragazzo minorenne a cui la donna aveva dato ripetizioni private.
Ai genitori il minore aveva raccontato della relazione con la donna e di essere il padre del neonato che la sua insegnante di ripetizioni in orario pomeridiano, già madre di un altro bambino, aveva partorito pochi mesi prima.
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