Viaggio da Torino a Roma e poi il ritorno. La storia vera di come sia possibile spostarsi tra regioni senza requisiti. Prima del 3 giugno.
Non voglio fare l’inviato speciale che parte all’avventura per documentare se e come vengono effettuati i controlli nelle stazioni per evitare che qualcuno possa spostarsi da una regione all’altra senza averne il diritto.
Comprovate esigenze lavorative, assoluta urgenza, situazione di necessità; motivi di salute. Esattamente quello che era previsto per gli spostamenti interregionali, con l’aggiunta della residenza e il domicilio: il mio caso.
Dal 18 maggio potevo spostarmi nel comune di residenza: Roma. Mi trovavo a Torino, quindi nessun problema, ero in regola per spostarmi. Il mio viaggio in regionale prima e Intercity poi, è iniziato a Torino Porta Nuova, cambio a Genova Porta Principe e arrivo a Roma dopo avere percorso tutta la costa ligure e toscana.
17 maggio 2020. Sono tranquillo, la mia carta di identità parla chiaro: residente a Roma. Raggiungo Porta Nuova a Torino con i documenti in mano, autocertificazione compresa. L’area della stazione è desolata e vuota: sono le 6 del mattino.
Fra poco incontrerò un poliziotto, penso tra me. Procedo verso i binari, sulla mia strada solo qualche clochard che si sveglia in cerca del miraggio di una colazione. Nessun controllo ma di certo troverò qualcuno ai binari. Ho un dossier di documenti, compresi quelli che attestano che a Roma ho due figlie di 7 e 5 anni che mi aspettano.
Non ho timori, e man mano che procedo nel cammino, mi accorgo che avrei potuto essere un ‘clandestino’ o un contagiato, ma nulla e nessuno mi avrebbero evitato di arrivare dalle mie bambine.
Arrivo ai binari, nessun controllo, nessun poliziotto, raggiungo il mio treno, salgo e mi rilasso: facile! E penso: prima che parta il treno qualcuno mi chiederà dove vado e i documenti.
Nulla: il treno parte, nessun controllo e addirittura nessun controllore: potevo essere un clandestino e sarei riuscito a raggiungere Roma senza averne diritto e persino senza pagare, una pacchia per i professionisti dell’illegalità.
A Genova devo cambiare treno. Sono le 8, scendo e cerco un tabellone per capire quale sarà il mio prossimo Intercity. Trovo il binario e lo raggiungo: nessun poliziotto, nessun controllo.
Salgo sul treno, anche questa volta mi è andata bene, potrei dire se fossi stato un avventuriero che voleva raggiungere Roma ad ogni costo. Mi aspettano sei ore di viaggio. mi controlleranno sul treno, una tale lunga percorrenza non può passare inosservata.
E invece nulla. Neppure il bigliettaio. Nessun controllo di documenti e di biglietto di viaggio. Raggiungo Roma con la certezza che nel Lazio mi controlleranno: un conto (Piemonte) è farti uscire, un altro è farti entrare, soprattutto se arrivi dal Nord.
Sono arrivato nella Capitale, la città in cui si comanda tutto e si scrivono leggi e Dpcm. La stazione è ben organizzata per il distanziamento: percorro la mia strada dedicata e chi trovo a qualche metro dall’uscita? Un poliziotto? Il bigliettaio? No, un sanitario del 118 che mi misura la temperatura.
36.7: posso entare a Roma, nessuno sa chi io sia, nè da dove arrivo, nè se in assenza di febbre possa essere comunque contagiato. Se fossi stato un delinquente avrei vinto. Ma sono un cittadino in regola che, al contrario, è deluso e preoccupato. E’ stato troppo facile arrivare a Roma partendo da Torino, facendo scalo a Genova e toccando decine di città liguri, toscane e laziali.
Il 31 maggio torno a Torino. Gli spostamenti tra regioni non sono ancora consentiti, fino a mercoledì 3 giugno. Questa volta una squadra di poiliziotti mi controlla documenti e autocertificazione.
Arrivano alle 8, io sono a Termini dalle 7. E un’ora prima non c’era nessuno se non gli addetti delle Ferrovie che controllavano i biglietti solo a quelli vestiti male o con la pelle scura.
Se avessi voluto, mi sarei seduto di fronte alla mia carrozza, la 10, saltando il cordone della Polizia. Basta arrivare prima delle 7 e tutto è possibile, a Roma come a Torino. Purtroppo.
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