Il Sindacato chiede l’aiuto del governo perché il mal di vivere di chi lavora dentro le carceri è una realtà ormai drammatica.
Un nuovo drammatico comunicato che parte dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: Un agente di cinquant’anni, originario della provincia di Taranto che prestava servizio in una casa di reclusione a Padova in qualità di Assistente Capo Coordinatore del Corpo di Polizia Penitenziaria, si è tolto la vita utilizzando la sua pistola di ordinanza.
13 agenti si sono tolti la vita in due anni
Donato Capace, Segretario Generale del Sappe, ha urlato la sua indignazione e il suo sconforto per l’episodio: l’agente suicida aveva un carattere allegro e simpatico, era disponibile con tutti e apprezzato dai suoi colleghi. Nessuno di loro a quanto sembra, aveva mai percepito nulla in lui che potesse fare pensare a un gesto del genere.
Capace, oltre a comunicare il drammatico suicidio, ha voluto richiamare l’attenzione dello Stato, e in particolare del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, per questo mal di vivere che continua a caratterizzare chi lavora nella Polizia Penitenziaria.
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Lo scorso anno sono stati 11 gli agenti che si sono tolti la vita, e quest’anno siamo già a due. A tal proposito Capace ha spiegato che “è importante evitare strumentalizzazioni, ma è fondamentale e necessario comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso l’attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto”.
L’appello al Guardasigilli
“Al ministro Bonafade e ai Sottosegretari di Stato Andrea Giorgis e Vittorio Ferraresi chiedo un incontro urgente per attivare serie iniziative di contrasto al disagio dei poliziotti penitenziari”.
Per il segretario sindacalista è arrivato il momento di affrontare la questione. La vita di chi lavora nella Polizia Penitenziaria è molto dura da affrontare, ed evidentemente lascia dei segni profondi dal punto di vista psicologico.
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Anche perché, come ha affermato lui stesso, sono stati diversi gli esperti del settore che hanno evidenziato già da tempo come il problema esista e sia necessario “strutturare un’apposita direzione medica, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria”.
Una realtà drammatica, che fino ad adesso è stata fin troppo trascurata sia dai media che dalla politica.