A Terracina, due imprenditori agricoli, padre e figlio hanno gettato un bracciante in un canale. Il motivo: chiedeva una mascherina. Indagati per estorsione, rapina e lesioni aggravate
Due imprenditori agricoli, padre e figlio hanno percosso e gettato in un canale un bracciante di origine indiana. Il motivo dell’alterco: il dipendente ha richiesto mascherine e altri dispositivi di protezione personale per lavorare in sicurezza.
La Polizia di Stato ha dunque arrestato i due titolari dell’azienda agricola di Terracina, specializzata nel mercato degli ortaggi. Il padre sottoposto agli arresti domiciliari, mentre il figlio è stato sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il ragazzo di origine indiana, finito in ospedale, ha riportato ferite alla testa riconducibili ad un corpo contundente, lesioni e fratture.
Le accuse per i due, nell’ambito dello sfruttamento di lavoratori stranieri, è di lesioni personali aggravate, rapina ed estorsione.
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I sindacati denunciano lo sfruttamento dei braccianti stranieri. Gli investigatori del Commissariato Distaccato della Polizia di Stato di Terracina hanno appurato che i lavoratori che prestavano servizio presso l’azienda, lavoravano 12 ore al giorno, 7 giorni su 7 e per 4 euro l’ora.
Tutti i braccianti lavoravano in difformità della vigente normativa in materia di sicurezza e sanitaria. E ovviamente senza nessun dispositivo di sicurezza per evitare il contagio da Covid-19.
Roberto Iovino, il segretario confederale Cgil di Roma e del Lazio ha commentato il grave fatto: “Terracina e il pontino non sono nuovi a questi episodi, lo scorso autunno siamo scesi di nuovo in piazza della Libertà a Latina dopo che un imprenditore agricolo aveva minacciato numerosi lavoratori con un fucile“.
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Per Iovino, “Serve più legalità e dignità per chi lavora nelle campagne, per questo la legge sul caporalato deve essere applicata in tutte le sue parti. A partire dalla tutela della denuncia dei lavoratori, a maggior ragione adesso con la regolarizzazione di chi lavora in nero. Servono più controlli e soprattutto che i lavoratori che denunceranno la loro condizione di irregolarità siano tutelati e non esposti ai ricatti dei caporali e degli sfruttatori”.
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