«La prima cosa che farò è mettermi al sole. La seconda sarà abbracciare un albero» questi i primi desideri di Ezio Bosso una volta finita l’epidemia. Ma non ce l’ha fatta ad esaudirli
Aveva da pochi giorni rilasciato un’intervista al Corriere, dalla sua casa di Bologna, in cui diceva che quando «si apriranno le gabbie» la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata quella di mettersi al sole e abbracciare un albero. Un bisogno di natura, di aria, di vita.
Purtroppo, però, Ezio Bosso è morto oggi a soli 48 anni. Direttore d’orchestra, compositore e pianista, era nato a Torino il 13 settembre 1971 e dal 2011 soffriva di una malattia neurodegenerativa che gli fu diagnosticata dopo essere stato operato al cervello per un tumore.
Nel 2016 Bosso incantò l’Italia intera durante il Festival di Sanremo, quando fece ascoltare al pianoforte la sua composizione Following a Bird e parlò del significato della musica nella sua esperienza di uomo.
I familiari hanno chiesto il massimo rispetto per la sua privacy in questo momento così intimo e doloroso. Le esequie si svolgeranno in forma strettamente privata.
Il pianista che sapeva commuovere
Durante questi lunghi giorni di isolamento aveva manifestato un desiderio quasi incontenibile con queste parole dette al Corriere: «…Di natura sono timido, riservato, e con il corpo ho un approccio particolare. Non abbraccio chiunque, solo chi amo. Sempre avvolgendo l’altro totalmente. Questa astinenza forzata mi pesa. Sarà interessante ritrovare un rapporto fisico. Magari ci sarà un po’ di imbarazzo, magari un po’ di paura. Ci metteremo a ridere o ci spunteranno le lacrime. Non so come sarà. Ma qualsiasi cosa sia sorrideremo. Felici di essere vivi».
Leggere oggi queste sue parole ci commuove particolarmente, una gioia quella desiderata dall’artista, che non ha più potuto provare. Un dolore che si è unito a quello già provato pochi mesi fa quando a settembre aveva annunciato di dover abbandonare il pianoforte dicendo: «Se mi volete bene, non chiedetemi più di sedermi al pianoforte e di suonare. Tra i miei acciacchi adesso ho anche due dita fuori uso. Se non posso dare abbastanza al pianoforte, è meglio lasciar perdere».