Chernobyl oggi, a 34 anni dal disastro ritorna la paura

Era il 26 aprile del 1986 quando esplose la centrale nucleare V.I Lenin di Chernobyl nei pressi di Kiev in Ucraina. Fu il più grande incidente della storia dell’energia nucleare

Chernobyl
Fonte Pixabay

Gli anni passano, ma il mondo non può dimenticare. Oggi siamo alle prese con una pandemia mondiale, ma il 26 aprile di 34 anni fa l’Ucraina ha dovuto fare i conti con uno dei più grandi disastri nucleari di sempre. L’esplosione della centrale di Chernobyl nel cuore della notte immise nell’aria radioattività equivalenti a 500 ordigni come quello sganciato su Hiroshima durante il secondo conflitto mondiale.

La nube radioattiva diffusasi nella zona (Ucraina, Bielorussia e Russia) ha provocato una serie di gravissime malformazioni genetiche nella popolazione. Anche l’Onu in occasione della celebrazione del ricordo di questa tragica giornata ha ricordato come, ancora oggi, le conseguenze di quell’incidente sono tangibili. Insieme a quello di Fukushima avvenuto nel marzo del 2001, l’esplosione di Chernobyl è ritenuta tra quelli più catastrofici di sempre.

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Chernobyl, radiazioni deleterie ancora oggi

Chernobyl
Fonte Pixabay

Quest’anno l’anniversario ricade in un periodo particolare e imprevedibile. Tutto il mondo è in stato di emergenza Covid-19 e soffre per la pandemia che ci sta affliggendo. Ma non solo, purtroppo. Perchè non basta il virus che ha causato diverse morti e ha cambiato le vite di ognuno di noi, e niente sarà come prima. Non basta il coronavirus che vieta di vederci, di toccarci, di abbracciarci, costringendoci a vivere nella paura di essere infetti. No. Quest’anno l’anniversario ricorre dopo poche settimane di incendi che hanno bruciato nella zona di esclusione diversi chilometri intorno all’impianto. Ovviamente è allarme per le particelle radioattive nell’aria, che si sommano a tutto il resto che sta accadendo nel vivo della pandemia.

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A Chernobyl il disastro non fu dettato “solo” dalla calamità che ha causato un numero indecifrabile di tumori e di sfollati. Ma il dramma fu legato indissolubilmente a quello che fu deciso dopo. Oltre a cercare di nascondere le reali conseguenze del disastro, la nomenklatura sovietica tentò di “aggiustare la realtà” alzando i limiti delle esposizioni a radiazioni nucleari. Ovviamente il numero degli ammalati cresceva a livelli esponenziali, ma dagli ospedali venivamo mandati a casa. E tutto questo ha il sapore dell’assurdo, oggi più che mai.

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