Coronavirus: un mausoleo alle vittime dove ora c’è la fossa comune

Siamo in guerra. E come in guerra le vittime sono numerosissime. In un paese si è dunque deciso di costruire un mausoleo alle vittime del coronavirus.

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Mausoleo Qin (foto Pixabay)

Siamo nella provincia di Guayas dove si registra quasi l’80% dei casi di contagio. E’ qui che arriva l’idea di costruire un mausoleo per le vittime del coronavirus proprio dove ora sorge una fossa comune.

L’Ecuador, con i suoi 1.627 contagiati ed i 41 morti, è il Paese leader in America latina per vittime pro capite.

Molti i militari che applicano il coprifuoco in seguito a una dichiarazione di emergenza sanitaria a livello nazionale. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Interno, Maria Paula Romo, il coprifuoco ha limitato l’orario di lavoro delle pompe funebri e ha lasciato alcune famiglie senza altra scelta se non quella di tenere i parenti deceduti nelle loro abitazioni: sono oltre un centinaio i casi segnalati.

Così il vicepresidente della repubblica, Otto Sonnenholzner, ha dovuto ordinare la preparazione di una fossa comune dove vengono trasferiti i corpi delle persone decedute. Proprio su quel sito sarà costruito in futuro un ‘Mausoleo alle vittime del coronavirus’.

L’epidemiologo Esteban Ortiz ha spiegato che “qui non abbiamo messo in atto tutte le misure necessarie per affrontare una emergenza di simili dimensioni”. Motivo per cui, in piena crisi, la ministra della Sanità, Catalina Andramuno, si è dimessa denunciando la carenza di risorse per contrastare il Covid-19.

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L’epidemiologo Ortiz spiega l’elevato numero di vittime

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Ecuador, città di Quito (foto Pixabay)

L’elevato numero di casi in Ecuador si spiega, secondo Ortiz, con le profonde relazioni che si hanno con la Spagna, grande focolaio europeo del coronavirus. In Spagna vive, infatti, “una comunità di 422.000 ecuadoriani che all’inizio dell’anno vanno e vengono fra Madrid, Quito e Guayaquil”, spiega Ortiz.

Il sindaco di QuitoJorge Yunda, in una conferenza stampa virtuale ha chiesto ai cittadini che, chi è in grado di donare cibo, lo faccia, per rifornire le persone in situazioni di vulnerabilità nei vari municipi della città.

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Il coronavirus ci ha messo due mesi per arrivare in America latina. Il primo caso di contagio risale al 26 febbraio in Brasile e la prima morte è avvenuta in Argentina due settimane dopo. Poi la curva dei contagi si è innalzata velocemente in modo non omogeneo perché le misure di quarantena e di isolamento sono differenti nei diversi paesi e sono state adottate in date diverse.

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