Sinisa Mihajlovic è il terzo ospite della puntata di Verissimo che va in onda in replica su Canale Cinque con Silvia Toffanin.
Verissimo è in onda con una puntata in replica che manda in onda le interviste che sono state realizzate nei mesi scorsi, tra questi anche l’allenatore del Bologna che parla del suo percorso con la leucemia.
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Sinisa MIhajlovic parla per la prima volta del suo percorso con la malattia in onda a Verissimo nella puntata registrata diversi mesi fa con Silvia Toffanin.
“Non è stata una bella notizia, io pensavo di non potermi mai ammalare,è stata una bella botta. I primi due giorni non ero ancora sicuro e quindi non potevo parlare con nessuno e sfogarmi nemmeno con mia moglie, sono stato chiuso due giorni in camera, i due giorni più brutti della mia vita. Dovevo buttare tutta l’energia negativa, piangevo e ridevo come un matto, mi addormentavo e pensavo che fosse un brutto sogno, dopo però sono andato dritto per la mia strada, sono entrato un giorno prima in Ospedale, non vedevo l’ora di iniziare le cure. Mi hanno scoperto in tempo per fortuna, tutto è cominciato con un dolore. Primo ciclo di cure è stato pesante”.
“Ho detto di leucemia si muore o si vive, questo ho chiesto al dottore che mi ha dato la diagnosi. L’ho detto a mia moglie e lei poi ha parla con i miei figli e loro sono arrivati subito da me anche se dirlo al telefono è una cosa brutta”.
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“Quando sono tornato in campo qualcuno nemmeno mi aveva riconosciuto, ho perso tredici chili, sembravo un morto che cammina, uscire senza aver fatto nemmeno un passo, anche se con il permesso dei dottori. Pesavo settantadue chili, non so come ho fatto, ma io sono un testardo, io volevo fare questa cosa perchè lo avevo promesso e non potevo mancare alla promessa. E’ stata dura, facevo due passi e mi dovevo fermare però se uno vuole le cose non può non farcela, anche se poi abbiamo perso e la cosa mi rodeva”.
“Poi sono rientrato a casa ed è stato bello, con la mia famiglia e mia madre, quando le cose non girano bene capisci che le persone che ti vogliono bene sono poche. Mia moglie stava sempre con me, dormiva su una sedia in ospedale e i miei figli ci stavano sempre anche se io volevo che mi vedessero il meno possibile”.
“Quando ho fatto il trapianto di midollo, mia moglie mi dice che ero emozionato, è stato come una trasfusione, non senti nulla mentre io pensavo che fosse come una lunga operazione e invece è durato solo 1 ora. Ho fatto due giorni di chemioterapia che è più forte per prepararti al trapianto, poi dopo trenta giorni si capisce se le cose sono andate bene. Ho passato il Natale a casa”.
Infine l’allenatore parla anche di suo padre che è scomparso diversi anni fa:”Mio padre non sono riuscito a vederlo negli ultimi sei mesi, non sono riuscito a vederlo nemmeno l’ultimo giorno prima che morisse, perchè allenavo il Catania e non potevo per un giorno lasciare tutto e andare nella cittadina dove stavano i miei in ospedale. Il giorno prima di partire ho saputo che è morto e quello è il mio unico rimpianto, ma spero che lui mi capisca”.
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