Non fa male essere positivi, ma secondo degli studi, le nostre generazioni sono ormai ossessionate dal dimostrarlo. Ciò, può dare un effetto opposto
Quello che vediamo in rosso è uno slogan, incontrato almeno una volta nella vita. Risale al lontanissimo 1939 ed è di origini britanniche, ma all’epoca non fu mai pubblicato. Grazie poi ad un libraio inglese che ne acquistò i diritti nel 2000, divenne famoso e sempre più utilizzato, fino a girare incontrollato, agli albori dei social, proprio tra essi, con annesse ironiche riproduzioni, di tutti i tipi: (Keep calm and call Batman, Keep calm and pass to Messi, ecc.).
Questo continuo richiamo alla positività, ha inondato, insieme ai nostri social, le nostre vite, diventando una vera e propria motivazione giornaliera, per tanti. Alcuni studi però, dimostrano che cercare disperatamente qualcosa, anche se all’apparenza positiva, può essere altamente nocivo. Sì, perché sembrerebbe che dietro ai continui imput sull’essere positivi che riceviamo, possa esserci qualcosa o qualcuno, che cerca di venderci un prodotto, che ci potrebbe illudere di farci stare meglio. Basti pensare ai corsi di fitness, diete, mental coach, o vere e proprie app che aiutano per la meditazione.
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Positività: quando diventa una tossica ossessione
Ci sono più modi per chiamare questo fenomeno, come “Toxic positivity”, o anche “Fake positivity”, ed i dati non sono per niente positivi. Secondo l’Organizzazione mondiale sulla sanità infatti, più di 300 milioni di persone, soffrono di depressione, in tutto il mondo. Tra i più svariati motivi, quello dello stress, che colpisce secondo un’altra ricerca, l’85% degli italiani. Se pensate di essere tra loro, potreste leggere qui, delle possibili soluzioni, proprio per lo stress. La positività che vediamo attraverso i social, porta ad una grande depressione, e scuote le nostre menti a cercare sempre qualcosa che secondo noi, possa renderci felici. Questo fenomeno è studiato da un sistema socio-economico che vuole questo.
Una vera e propria industria, che vorrebbe proporci la positività come meta e perciò da trovare, perché no, in prodotti acquistabili. Questa ricerca ossessiva è logicamente nociva, e porta le persone a mostrare una falsa positività, al punto da reprimere i sentimenti, quando negativi. Secondo alcuni studi scientifici però, le persone che sono convinte di poter cambiare a loro piacimento i sentimenti, controllandoli, sarebbero poi le più inclini all’autoincolparsi, quando sentono emozioni negative. Tra l’altro, la convinzione che basta pensare positivo per far risolvere le cose, diventa una bugia grave per le persone che ne sono convinte, tutto, in favore di chi ci inganna, facendoci pensare di vendere emozioni.
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