La Quota 102 potrebbe essere la soluzione temporanea per ovviare alla scadenza della Quota 100. Ma non è l’unico scenario plausibile
Un dei temi più in auge per quanto concerne la previdenza sociale è quello inerente le pensioni. Negli ultimi giorni sta tenendo banco la scadenza della Quota 100, ovvero il pensionamento a 62 anni di età e con 38 anni di contributi versati. Questa misura era stata introdotta in via sperimentale e ad interim nel primo governo Conte, quello composto dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle. Questa possibilità infatti non avrà più validità a partire da dicembre 2021.
Per questo sta nascendo un grande problema, soprattutto per chi avrebbe raggiunto la Quota 100 a gennaio 2022 e che visto come stanno le cose, dovrà aspettare altri cinque anni per la pensione ordinaria. Vista la disparità di trattamento rispetto a chi potrà andare in pensione a dicembre 2021, è stato ideato il termine “scalone”.
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Pensioni: Quota 102 e le altre possibili novità
Come si può ovviare a questo incresciosa problematica? Il governo è già all’opera in tal senso e sta ponderando una serie di soluzioni. Stando a quanto riportato da “IlSole24Ore” alcuni tecnici del PD e l’esperto di Centodestra Alberto Brambilla avrebbero in mente un piano che potrebbe aiutare a venire a capo di questo “guaio”.
Quota 100 verrebbe “sostituita” con Quota 102. Dunque dal 2022 al 2028 si potrebbe lasciare il lavoro a 64 anni di età e con dopo aver versato i contributi per 38 anni. In questo modo lo scalone diventerebbe “scalino”, ma ci si ritroverebbe poi dopo sei anni punto e a capo. Inoltre per coloro che decidessero di usare la suddetta misura, ci sarebbe un ricalcolo contributivo sulla propria pensione alla strega di quanto accade alle donne lavoratrici, che decidono di terminare la propria carriera a 58 anni grazie all’Opzione Donna. In parole povere ciò comporta una riduzione dell’assegno della pensione del 20/30%.
Questa però non è l’unica contromisura al vaglio. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico in una recente intervista aveva parlato della possibilità di fissare un’età di uscita dal lavoro unica in base al tipo di lavoro svolto, “privilegiando” chi fa un lavoro fisico e magari alla soglia dei 60 inizia lecitamente e risentirne.
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