Fermato a Roma, un giro di armi e droga, grazie alle intercettazioni la polizia ha già compiuto ben otto fermi, sono undici gli indagati totali
Fermata un’organizzazione a San Basilio, Roma, che si occupava di rifornire piazze di spaccio, ma anche di movimenti di armi nella Capitale.
Le droghe, venivano addirittura fatte entrare nel carcere di Rebibbia, arrestati uomini e donne dell’età compresa tra i 31 e i 47 anni. Seconda volta nel giro di due settimane quindi, che la polizia riesce a fermare un movimento di droga nella Capitale italiana.
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Sono otto gli arresti già confermati dalla Squadra Mobile di Roma, che grazie a mesi di indagini ed intercettazioni, ha fermato un importante movimento di droga ed armi, nella zona San Basilio, a Roma.
Emiliano Catrisano, è stato fermato con l’accusa di detenzione e vendita di stupefacenti. Il romano, acquistava diversi tipi di droghe, per poi rivenderle a terzi, spesso, presso la propria abitazione di via Augusto Mammuccari. Dalle intercettazioni, si era subito capito che Catrisano usasse sempre un linguaggio criptico, sia con chi vendeva che con i propri clienti. “Ci possiamo vedere per un caffè ?” diceva ai fornitori interessati, mentre ai clienti raccomandava di raggiungerli da lui per un’operazione celere. L’abitazione dell’uomo era già stata raggiunta dalle forze dell’ordine nel maggio 2018, ma all’epoca riuscì a disfarsi, buttandole via dal balcone, alcune piantine di marjiuana che erano in suo possesso.
Spacciavano addirittura in modo da far arrivare la droga all’interno delle carceri invece, i quattro fermati, sempre di Roma, due uomini e due donne dell’età compresa tra i 31 ed i 47 anni. Oltre all’accusa di porto e detenzione illegale di armi, i quattro, indagati insieme ad altre persone già recluse, dovranno rispondere del reato di spaccio di sostanza stupefacente introdotta all’interno del carcere di Rebibbia. Armi e droga che erano destinate ai detenuti, provenivano da diversi punti nel quartiere di Tor Bella Monaca.
Le donne, per portare a termine le operazioni, si avvalevano delle visite nelle carceri, per portare le sostanze a chi di dovere. Per quanto riguarda l’ingresso delle stesse, erano nascoste nelle loro parti intime. Ritrovati, agli inizi delle indagini, anche dei cellulari di piccolissima dimensione, con cui i detenuti riuscivano a comunicare con l’esterno.
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