Si tratta di Samantha Ford, trentotto anni. Uccide i figlioletti, due gemelli, poi tenta il suicidio. Oggi, ha lasciato una lettera al marito
Ancora una volta, a pagare sono dei piccoli innocenti. Pochi giorni dopo la sentenza che condanna Valeria Panarello, di nuovo, una notizia che riguarda una madre che uccide i propri figli. La terrificante comunicazione giunge dalla Gran Bretagna, dove la trentottenne Samantha Ford, uccise nello scorso dicembre, i due gemellini di ventitre mesi per poi provare a suicidarsi.
Negli scorsi giorni, ha lasciato una lettera in cui incolpava il marito per i suoi scellerati comportamenti, Samantha che dopo l’omicidio dello scorso dicembre, si sarebbe messa alla guida della sua Ford Galaxy per andare a schiantarsi a tutta velocità contro un tiir che però non la uccise. Subito dopo, fu arrestata dalla polizia.
Gran Bretagna, uccide i gemellini e tenta il suicidio
Samantha Ford, trentotto anni, è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso i suoi figli, due gemellini concepiti dopo un lungo trattamento per la fecondazione in vitro, Jake e Chloe, lo scorso 26 dicembre, dopo aver provato invano a suicidarsi. Oggi, dal carcere dove è reclusa, ha mandato a suo marito, tramite la madre di lui, una lettera dove lo incolpa di quello che è accaduto.
La Ford infatti, sposata con Steven da dieci anni, non avrebbe mai accettato la decisione di suo marito di tornare dal Qatar, dove si erano trasferiti per lavoro, per poi tornare nel 2018, in Gran Bretagna, decisione a quanto pare presa dal marito. Per questo, Samantha Ford, avrebbe assurdamente deciso di farla pagare al compagno, affogando i figlioletti in una vasca.
Steven, ha così commentato, aiutandosi con i social, l’arrivo della lettera indirizzata a lui dove la donna lo incolpa per l’accaduto, promettendogli anche di rendergli difficile il divorzio. Secondo il marito della coppia, la donna è una psicopatica e narcisista. Il sistema inglese secondo Steven, avrebbe ancora una volta fallito, dando la possibilità alla donna di mandargli quelle lettere dal luogo in cui è reclusa, trovando disgustoso il suo comportamento.
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