Palinsesti televisivi a tema, mostre e tanto altro per celebrare il cinquantesimo anniversario della sbarco sulla Luna: ma ci sono veramente andati?
Nella notte tra il 20 ed il 21 luglio di cinquant’anni fa, in diretta televisiva mondiale, con audience stimata in 900 milioni, l’astronauta Neil Armstrong poggiava il proprio piede sul suolo lunare: “Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”. Quante volte l’abbiamo letto o ascoltato il commento di Armstrong durante la sua passeggiata lunare? Tante, forse troppe. Ma sarà così? Cosa è stato delle promesse e delle prospettive avveniristiche legate allo sbarco dell’uomo sul nostro satellite? All’epoca, in piena ubriacatura da allunaggio, scienziati, commentatori ed opinionisti disegnarono scenari in cui l’umanità avrebbe viaggiato lungo la tratta Terra-Luna esattamente come lungo quella Parigi-New York ed in cui avremmo colonizzato il nostro satellite, edificandoci laboratori permanenti od addirittura vere e proprie città, per farne un avamposto extraterrestre da cui partire alla scoperta ed alla conquista dello spazio. Tutto ciò è ancora oggi ben lungi dal diventare realtà ed è di conseguenza tra le motivazioni che negli ultimi anni hanno alimentato il mito secondo cui lo sbarco altro non sarebbe che un’abile messinscena ad uso e consumo degli spettatori di tutto il mondo in un momento storico in cui gli Usa, per effetto della guerra in Vietnam, della protesta giovanile che metteva in discussione il way of life occidentale ed i coevi successi spaziali dell’Urss (primo satellite nello spazio, lo Sputnik il 4 ottobre 1957, il primo uomo, Jurij Gagarin, a compiere un’orbita ellittica attorno alla Terra il 12 aprile del 1961) avevano bisogno di mettere a segno un colpo sensazionale, lo sbarco sulla Luna, per attestare la propria superiorità tecnologica e rinfocolare l’orgoglio patriottico nel momento in cui la società statunitense era attraversata dalle tensioni legate alla contestazione studentesca.
Cinquant’anni fa lo sbarco sulla Luna: realtà o mito? Il mistero di “Roswell”
Ma a scatenare la fantasia dei dietrologi e dei fautori della teoria cospirazionistica sono stati alcuni dettagli della missione Apollo 11 che gettano un’ombra sinistra sull’allunaggio: ad esempio, per esplicita ammissione della Nasa, alcune foto originali sarebbero state ritoccate come quella della bandiera conficcata nel suolo lunare in quanto gli astronauti si sarebbero dimenticati di fotografarla. E che dire delle increspature della stessa bandiera in un contesto come quello lunare privo si atmosfera e quindi di vento? Secondo i sostenitori della messinscena dello sbarco, sarebbero dovute ai potenti condizionatori utilizzati per raffreddare il microclima surriscaldato del set cinematografico. Quest’ultimo sarebbe stato ospitato nella base militare di Roswell che, quindi, sarebbe il luogo più inaccessibile di tutti gli Usa non perché, come pretendono gli appassionati di ufologia, conserverebbe i resti di un disco volante e di un alieno ma proprio in quanto custodirebbe le prove schiaccianti della più grande “fake news” della storia dell’umanità. Comunque, al di là di illazioni e dietrologie, c’è un dato di fatto incontrovertibile: ogni scoperta scientifica epocale è sempre stata seguita da uno sviluppo prodigioso. Lo dimostra un oggetto a noi molto familiare: il cellulare evolutosi in pochi anni da telefonino, con il quale si telefonava e a malapena si inviavano a sms, a smartphone, strumento ormai indispensabile per ognuno di noi visto che grazie ad esso intratteniamo relazioni, lavoriamo, ci informiamo, effettuiamo acquisti, versamenti, ecc., non limitandoci solo a telefonare. Ed è paradossale, dunque, che ciò che fu possibile realizzare in totale sicurezza cinquant’anni fa, lo sbarco sullo Luna, oggi, nel 2019, nonostante lo strabiliante sviluppo della tecnologia, sarebbe irrealizzabile. A nulla valgono le motivazioni ufficiali della Nasa secondo le quali la perdita d’interesse per il nostro satellite, con la missione Apollo terminata nel 1975 per concentrare gli sforzi nel progetto delle stazioni orbitanti, sarebbe da attribuire al fatto che avrebbe la stessa conformazione geologica della Terra. Se così fosse, infatti, allora non ci sarebbe stato bisogno di andare sulla Luna: secondo l’ipotesi più accreditata dalla comunità scientifica, il nostro satellite si sarebbe formato a seguito dell’impatto di un enorme meteorite contro la superficie terrestre che avrebbe generato frammenti che poi per effetto della gravità terrestre si sarebbero addensati dando vita alla Luna. Logico, dunque, aspettarsi una conformazione geologica della Luna simile a quella terrestre. Insomma, vi sono molti elementi che depongono contro la realtà dello sbarco sulla Luna, tuttavia, in assenza di prove irrefutabili e di un unanime consenso da parte della comunità scientifica, è giusto e doveroso celebrare tale evento epocale pur tenendo presente che, come ammoniva Alessandro Manzoni, ” è sempre meglio agitarsi nel dubbio che riposare sull’errore”.
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