Scoperto e fotografato in Tanzania il Caracal aurata, il “gatto dorato”: il felino in via di estinzione più sconosciuto del continente africano
Il “gatto dorato”, il Caracal aurata, è stato scoperto e fotografo in Tanzania; la specie in questione è in via d’estinzione ed è molto elusiva, tanto da guardarsi la fama di felini più sconosciuto del continente africano.
L’obiettivo è stato raggiunto grazie ad una ricerca sullo stato della biodiversità di una specifica foresta pluviale, la riserva naturale di Minziro situata nell’angolo nord-occidentale della Tanzania vicino al confine con l’Uganda, svolta da un team di ricercatori coordinati da Francesco Rovero, del Dipartimento fiorentino di biologia e collaboratore del Muse di Trento.
La scoperta è stata fatta grazie all’installazione, nell’autunno 2018, di 65 foto-trappole da parte del team di ricercatori che hanno immortalato diversi esemplari del felino in più aree della riserva.
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Scoperto e fotografato dunque il Caracal aurata, una specie in via d’estinzione nota con il nome di “gatto dorato”.
Il Caracal aurata è un felino di medie dimensioni che nei maschi raggiunge il metro e trenta di lunghezza e i 14 kg di peso; purtroppo i suddetti animali sono minacciato dalla caccia e dalla distruzione dell’habitat.
La sua distribuzione, spiega una nota, è centrata nel bacino del Congo, alcune popolazioni si trovano lungo le coste dell’Africa occidentale mentre altre sconfinano in Africa orientale, ma mai la sua presenza era stata segnalata in Tanzania.
Il colore del manto varia dall’arancione intenso al tipicamente “dorato”, al grigio, al marrone scuro e perfino al nero. Agile cacciatore di appostamento, specializzato per la caccia di piccole antilopi nelle foreste dell’Africa tropicale.
Francesco Rovero, coordinatore del team di ricerca, ha spiegato: “Stiamo finendo di analizzare i dati complessivi, quasi 6mila immagini che ritraggono nel complesso più di 25 specie di mammiferi, ma sicuramente questo primo risultato servirà a spingere verso una maggiore protezione della foresta. Pur essendo formalmente una riserva la zona è pesantemente minacciata da caccia, allevamento, prelievo di legname e perfino dalla futura costruzione di un oleodotto”.
La ricerca è stata affidata al Muse di Trento, coadiuvato da vari partner fra cui il dipartimento di biologia dell’Università di Firenze.
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