Un altro incendio ha colpito la baraccopoli di San Ferdinando, che ospita centinaia di migranti. Uno di loro, Aldo Diallo, è morto, aggravando un bilancio di decessi e incidenti
A San Ferdinando ancora un migrante morto nella baraccopoli in un incendio: si tratta di Aldo Diallo, l’ennesima vittima di un’emergenza dal bilancio sempre più preoccupante. Il conglomerato di abitazioni di fortuna ospita centinaia di braccianti che lavorano nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria. Intorno alla mezzanotte di ieri è scoppiato un incendio che ha messo in pericolo l’intera zona; le fiamme sono divampate nella parte più esterna del campo, quella che dà sulla strada. I più sono riusciti a mettersi in salvo, ma non è andata altrettanto bene ad Aldo Diallo, il 25enne senegalese che ha perso la vita nella sua baracca. Inizialmente si temeva che le vittime fossero tre, ma gli altri due sono salvi. Le fiamme, in breve tempo, hanno bruciato una trentina di tende.
Incendio a San Ferdinando: la baraccopoli piange un altro morto
Aldo Diallo non è la prima vittima delle condizioni precarie della baraccopoli di San Ferdinando, dove ieri è scoppiato l’incendio. Un altro rogo risale a Capodanno, mentre a dicembre ha perso la vita il 18enne gambiano Suruwa Jaithe. A gennaio 2018 un incendio nello stesso campo costò la vita a Becky Moses, una ragazza raggiunta dalle fiamme mentre dormiva nella sua tenda. Ad uccidere queste persone è lo stato d’abbandono e degrado della baraccopoli, dove non ci sono acqua, luce né altri servizi. A causare gli incendi sono spesso i bracieri o i fuochi di fortuna, che gli abitanti utilizzano per riscaldarsi nei mesi più rigidi. Questi diventano molto pericolosi se si pensa che le baracche sono perlopiù composte da materiali altamente infiammabili, come pannelli di plastica, legno e altre componenti di scarto. Tuttavia, non si muore solo di incuria a San Ferdinando. La zona, infatti, è tristemente nota ai media per la storia di Soumayla Sacko, assassinato a colpi di fucile mentre recuperava dei materiali per costruire un rifugio. Due anni prima, una sorte simile toccò al 26enne maliano Sekinè Traorè, colpito dallo sparo di un agente della polizia.