Jeff Bezos, fondatore di Amazon, denuncia un tentativo di ricatto ai suoi danni orchestrato dal National Enquirer, tabloid fiancheggiatore di Trump: ” Vogliono pubblicare mie foto imbarazzanti “
Jeff Bezos, fondatore del colosso dell’e-commerce Amazon ed uomo più ricco del mondo, va all’attacco del National Enquirer, tabloid della galassia American Media, il cui proprietario David Pecker è molto vicino al Presidente Trump, accusandolo di tentato ricatto ed estorsione ai suoi danni. Pecker e i suoi collaboratori avrebbero minacciato di pubblicare foto imbarazzanti di Bezos e della sua nuova compagna, l’ex conduttrice Laura Sanchez, qualora non ponga termine alle indagini avviate per scoprire fonti, modalità e obiettivi che avevano portato l’Enquirer a preparare un articolo sulla relazione extraconiugale di Bezos. Quest’ultimo, come specifica nel suo post, avrebbe deciso di denunciare il tutto per sottrarsi al gioco di ricatti, favori e corruzione preferendo affrontare la sfida a viso aperto: ” Invece di arrendermi a ricatto e estorsione, ho deciso di pubblicare esattamente quel che mi hanno inviato, nonostante il costo personale e l’imbarazzo che rischiano di causarmi ”
Bezos contro il National Enquirer: ” Vuole pubblicare mie foto imbarazzanti. L’ombra di Trump dietro il tentativo di ricatto
Sullo sfondo di una vicenda sì pruriginosa ma, comunque, confinata nella sfera dei rapporti personali di Bezos la lotta politica senza quartiere che vede sugli opposti fronti il fondatore di Amazon e l’inquilino della Casa Bianca. Gli investigatori di Bezos, infatti, sospettano che una delle fonti del National Enquirer sia stato il fratello della Sanchez, un noto sostenitore di Trump. Inoltre l’Enquirer vanta una lunga militanza al servizio di Trump anche se il suo proprietario si è reso disponibile a collaborare con gli inquirenti federali sui presunti pagamenti di Trump tramite proprio l’Enquirer per tacitare le accuse di relazioni extraconiugali a suo carico. Dal canto suo, Trump accusa Bezos di non pagare le giuste tasse e di violare l’Antitrust ma soprattutto di sobillare il Washington Post, controllato personalmente dal tycoon dell’e-commerce, ad una feroce critica della propria amministrazione.