Ad Empoli, un ragazzo tunisino sarebbe morto durante un controllo di polizia. La tragedia si è consumata in un money transfer; la procura di Firenze ha avviato un’inchiesta
Il 18 gennaio 2019, la Procura di Firenze ha avviato un’inchiesta dopo la morte di un tunisino di 32 anni ad Empoli, secondo quanto raccolto da TPI News, mentre si trovava nelle mani degli agenti di polizia.
L’uomo, secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, ha accusato un malore mentre era terra contenuto dagli agenti ed è morto nella sera del 17 gennaio.
Il tunisino aveva le manette ai polsi e le caviglie bloccate con una piccola corda perché sembra continuasse a scalciare.
Il cittadino tunisino, secondo quanto è stato ricostruito dalle forze dell’ordine, si era presentato in uno stato di alterazione forse dovuto all’assunzione di alcol, nel negozio.
L’uomo è entrato nel negozio con l’intenzione di trasferire 20 euro, tuttavia il titolare del negozio, temendo che la banconota fosse falsa, ha rifiutato di prestare il servizio richiesto.
Il rifiuto del commerciante avrebbe scatenato la reazione del giovane.
Il proprietario a quel punto avrebbe chiesto l’intervento delle forze di polizia. Gli agenti intervenuti però avrebbero avuto difficoltà a trattenere l’uomo.
Secondo alcuni testimoni, i poliziotti sono riusciti infine a bloccare l’uomo riportandolo nel locale dove è stato ammanettato.
Per impedirgli di scalciare, gli agenti gli hanno legato i piedi con una corda.
Dopo la morte del 32enne tunisino però è stata aperta un’inchiesta.
La pm Christine von Borries, che si è subito recata sul posto, sta ascoltando i poliziotti intervenuti e il personale sanitario del 118 chiamato dagli stessi agenti non appena l’uomo si è sentito male.
Il giovane, secondo la versione ufficiale delle forze dell’ordine, era noto per diversi precedenti, tra cui oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.
L’Associazione contro gli abusi in divisa (Acad) ha spiegato a TPI, che Arafette A. “aveva il cuore forte. Era una roccia”.
La moglie della vittima e gli altri familiari hanno appreso a casa la notizia della scomparsa del 32enne.
L’Associazione si è recata sul luogo della tragedia e hanno spiegato: “abbiamo parlato con testimoni oculari che ci hanno raccontato un’altra storia”.
Arafette, dopo l’interrogatorio e la perquisizione per quello che viene definito un “disguido di 20 euro” ritenute false dal gestore, “era nell’unica stanza del locale dove non vi erano telecamere insieme ai due agenti”.
L’associazione ha messo a disposizione dei familiari di Arafette un legale: si attende l’esito dell’autopsia per chiarire le cause del decesso.
L’obiettivo dell’Associazione, come spiegato a TPI, è “scrivere la vera verità sulla morte di Arafette” perché “quello della morte da infarto durante un fermo è un copione già visto troppe volte”.
Arrivato un messaggio di solidarietà agli agenti da parte di Salvini: “Un immigrato, con precedenti penali e fermato per aver usato denaro falso, è morto per infarto nonostante gli immediati soccorsi.
Tutto il mio sostegno ai poliziotti che, aggrediti e morsicati, hanno fatto solo il loro lavoro: per fermare un violento ed evitare altri danni si usano le manette, non le margherite”.
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